Non è la prima volta che parliamo di tipologie di danno, dato che il diritto italiano ne conosce più d’una. Solitamente se pensiamo alla parola “danno”, ci vengono in mente casi pratici che riguardano incidenti stradali, violenze ed altri reati. Ma la legge prevede regole peculiari anche in materia di “danno erariale“, ovvero di danno prodotto nei confronti dello Stato, da cui consegue una specifica responsabilità. Vediamola più da vicino e facciamo luce sulla disciplina della prescrizione in materia.
Danno erariale: di che si tratta?
Se nella responsabilità civile e penale possono incorrere tutti i comuni cittadini, a prescindere dalla qualifica ricoperta o da altre particolari caratteristiche individuali, il discorso cambia con riferimento al danno erariale. Infatti, la responsabilità per danno erariale scatta esclusivamente in relazione ad alcuni soggetti che hanno con la PA un rapporto privilegiato. Va pertanto ben distinto un comune illecito da un illecito che produce un danno erariale: se un semplice cittadino compie un illecito ai danni dello Stato, ne pagherà le conseguenze in base alle ordinarie norme penali e civili. Per esempio, se il cittadino presenta un Isee falso per ottenere agevolazioni e bonus in modo ingiustificato, potrà trovarsi a dover rispondere penalmente dell’illecito di falso (ed anche di truffa), nell’ambito di un ordinario processo penale.
Il danno economico allo Stato o ad un ente pubblico, ovvero nei confronti degli interessi dello Stato o dell’ente pubblico, per poter rilevare come “danno erariale”, non va compiuto da un privato cittadino, bensì da un dipendente pubblico, che con una condotta illecita dolosa o colposa, viola gli obblighi di servizio o di impiego. In altre parole, esclusivamente un dipendente pubblico, o comunque una persona che agisce per conto della PA, può essere responsabile per danno erariale. Il danno erariale può essere definito insomma come la conseguenza, che discende dalla condotta antigiuridica (perché posta in violazione di obblighi o doveri) da parte di un soggetto che opera presso la PA, patita dall’amministrazione stessa. Tale tipologia di danno può consistere in una diminuzione diretta del patrimonio, ad esempio in caso di danneggiamento di beni o perdite di denaro, ma anche in un decremento indiretto, come nel caso in cui sia stato omesso di ottenere incrementi patrimoniali.
In verità, davvero svariate possono essere le circostanze pratiche da cui scaturisce un danno erariale: anomalie contabili, pagamenti ingiustificati, calcoli sbagliati, adempimenti non effettuati entro i termini, costituiscono soltanto qualche esempio delle tantissime situazioni in cui lo Stato o un ente pubblico possono patire un danno erariale.
Il fondamento costituzionale del danno erariale
La tutela contro il danno erariale deriva dall’applicazione di un principio contenuto all’art. 28 della Costituzione. Infatti, in base al citato articolo tutti i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti; in tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Parafrasando il testo dell’art. 28 Cost. possiamo affermare che:
- i dipendenti della PA sono responsabili, sia dal lato civile che da quello penale, per gli illeciti nei confronti dei terzi privati cittadini, e la loro responsabilità si estende anche allo Stato o all’ente pubblico per il quale il dipendente responsabile presta servizio;
- i dipendenti della PA sono responsabili anche dei danni che, alla luce della loro condotta illecita, producono nei confronti dello Stato, loro datore di lavoro.
In sintesi: il danno erariale – cui si collega la citata responsabilità – può essere sia diretto, se patito proprio dalla PA, sia indiretto, se sofferto da un terzo, di seguito risarcito dallo Stato o ente pubblico. Abbiamo detto sopra che le ipotesi di danno erariale possono essere davvero tante, come anche dimostrato dalle notizie di cronaca che non di rado affrontano questo tema: solitamente il danno erariale ha natura economica, ma può anche intaccare l’immagine all’esterno della PA.
Chi giudica in merito alla responsabilità del dipendente pubblico?
In base alla legge n. 20 del 1994, la responsabilità per danno erariale è valutata sempre dalla Corte dei Conti, che ha giurisdizione in tema di contabilità pubblica. La citata responsabilità viene dunque accertata da questo giudice, tenendo sempre presente che essa è personale, e pertanto come quella penale – e a differenza di quella civile – non si trasmette agli eredi. Inoltre, tale responsabilità, per condurre al risarcimento del danno erariale, va ricollegata a fatti ed omissioni compiuti con dolo o colpa grave, e comunque ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali operate dal dipendente pubblico. Rimarchiamo che:
- con il termine “dolo”, va inteso il comportamento intenzionale del dipendente che produce il danno;
- con l’espressione “colpa grave”, va inteso invece un comportamento del dipendente ingiustificatamente imprudente o negligente, e quindi pur essendo non intenzionale, particolarmente importante per gravità.
Invero sussiste un caso in cui la responsabilità per danno erariale si trasmette agli eredi, con l’obbligo di risarcimento: si tratta dell’indebito arricchimento sia del responsabile, che dei suoi eredi.
Come funziona la prescrizione?
A questo punto, possiamo chiarire una specifica questione, collegata al tempo necessario per aversi la prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale. Ebbene, secondo la legge n. 20 del 1994, sopra citata, il termine di prescrizione è fissato in cinque anni “decorrenti dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso” (o in ipotesi di occultamento doloso del danno, dal giorno della sua scoperta). Fissando il termine quinquennale di prescrizione, il legislatore è tornato in pratica all’impostazione prevalente fino alla metà del secolo scorso, secondo cui il termine della prescrizione, in caso di danno erariale, veniva fatto coincidere con quello relativo alla responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2947 c.c.
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