Consiglio europeo su Recovery fund: è scontro tra frugali e Paesi del Sud

Consiglio europeo su Recovery fund: è scontro tra frugali e Paesi del Sud

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Consiglio europeo su Recovery fund: è scontro tra frugali e Paesi del Sud

L’avvio del Consiglio europeo riunito a Bruxelles per trovare un accordo sul Recovery fund e sul bilancio comunitario 2021-2027 è stato contrassegnato da scintille e fiamme tra Falchi del Nord, cosiddetti “frugali”, contrari a forme di mutualizzazione del debito e a sovvenzioni a fondo perduto e Paesi del Sud, tra cui l’Italia, ostinati a rifiutare un Recovery composto per la maggior parte di prestiti.

il vertice del Consiglio europeo si è concluso dopo ben 13 ore di lavori, incontri bilaterali e multilaterali, attorno alla mezzanotte. Poco prima della conclusione del vertice – che sta continuando anche oggi – il Presidente austriaco Sebastian Kurz ha ribadito come l’Austria chiaramente rifiuti “la proposta di un recovery fund che prevede 500 miliardi di aiuti a fondo perduto”.

Il terreno di scontro all’interno del Consiglio europeo è proprio sull’equilibrio tra sussidi e prestiti previsti nel Recovery fund e sul volume degli stessi che andranno a costituire il bilancio comunitario 2021-2027. Olanda e Austria sembrerebbero intenzionate a non cedere sulle sovvenzioni, chiedendo un voto all’unanimità dei leader europei sui programmi di ripresa economica dei singoli Paesi membri (ventisette in tutto). Chiaramente, si tratta di una strategia ostruzionista rispetto alla proposta di un Recovery fund licenziata dalla Commissione europea e che è stata accolta favorevolmente anche dalla Germania della Merkel, pur essendo quest’ultima preoccupata di un compromesso con le anime intransigenti dei “falchi”.

Consiglio europeo su Recovery fund: l’intervento del Presidente Michel

A fine serate è intervenuto persino il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel a cercare di mediare tra gli interessi contrapposti di Olanda e Austria e i “Paesi del Sud”. Lo scacco matto sarebbe stato sbloccare la trattativa, piegando il premier olandese Mark Rutte alla volontà della maggioranza dei “Ventisette”.

La proposta di Charles Michel è elementare: qualora“non ci fosse consenso tra i governi, gli aiuti nei confronti di un Paese potrebbero essere bloccati. Tuttavia, non era chiaro se il veto potesse essere posto da tutti gli Stati o da una parte di essi. In ogni caso, la proposta non è riuscito a convincere il Premier Rutte, ancora ben saldo sullo scacchiere delle trattative del Consiglio europeo. Questi, infatti, in merito alla proposta di Michel, avrebbe insistito affinché, per azionare il “freno” alle sovvenzioni, fosse sufficiente il veto di un singolo Paese, una proposta questa che, precedentemente, durante un incontro bilaterale tra Italia e Olanda, Conte ha definito come “inaccettabile”, perché non in linea con le regole dell’Ue.

Ma l’ostinazione dell’Olanda non si placa: “l’impraticabilità del voto del Consiglio europeo all’unanimità “non la beviamo“, perché – aggiunge Rutte – questa “è una situazione eccezionale, che richiede una solidarietà eccezionale e per la quale si possono trovare soluzioni straordinarie. Occorre essere creativi”.

La reazione degli altri Paesi

Anche il Premier Sanchez schierato con Conte contro l’Olanda a chiedere il rispetto dei trattati e lo sblocco della trattativa.

Francia e Germania, nel loro consueto ruolo di mediatori, auspicano al più presto il raggiungimento di un’intesa. “Dobbiamo guardare in faccia la realtà” della crisi “e tutti devono davvero essere disposti a scendere a compromessi in modo da poter ottenere qualcosa di buono per l’Europa” aveva esordito la Merkel all’inizio dei lavori del Consiglio europeo. “Le differenze” tra i leader Ue “sono ancora molto, molto grandi e non possiamo prevedere se riusciremo a raggiungere un risultato”- ha proseguito, lasciando intendere la possibilità di un nuovo vertice europeo, qualora non si fosse giunti a una soluzione questo fine settimana.

Alleate di Olanda e Austria, anche la Danimarca e la Finlandia. La prima chiede di ridurre ulteriormente l’ammontare del prossimo bilancio comunitario a 1.050, anziché a 1.074 come proposto da Charles Michel, mentre la seconda spinge affinché le sovvenzoni previste nella proposta di  Recovery fund licenziata dalla Commissione sia molto ridotta rispetto a 500 miliardi, a fronte di un incremento del volume dei prestiti (che gravano sui debiti pubblici) superiore ai 250 miliardi previsti.

Perché i frugali insistono sul voto all’unanimità

Schierati con l’’Olanda anche Austria, Svezia e Danimarca che insistono sul voto all’unanimità dei singoli leader nazionali sul Recovery fund, con la possibilità di bloccare l’erogazione degli aiuti in caso di veto di un singolo Paese. Il veto sarebbe il risultato di una valutazione dell’operato di un governo sulla base delle riforme strutturali decise dall’Unione. In altri termini, si tratterebbe di associare le sovvenzioni a forme di condizionalità, esattamente come previsto per quanto riguarda i prestiti del Mes.

L’asse dei Paesi “frugali” hanno rifiutato la proposta del Presidente del Consiglio europeo Michel che prevedeva che il Consiglio, previa valutazione della Commissione Ue, votasse il blocco o la concessione delle sovvenzioni a maggioranza qualificata (55% dei Paesi membri,  15 Paesi su 27, rappresentanti almeno il 65% della popolazione Ue). L’Olanda, però, ha espresso perplessità sulla neutralità della Commissione che, in passato, secondo il giudizio dell’Aja, avrebbe agito non sempre allo stesso modo con tutti i Paesi nel richiedere l’applicazione e il rispetto del patto di stabilità.

Sulle sovvenzioni a fondo perduto, inoltre, i Paesi frugali sono decisamente ostili: se i Paesi del Sud (tra cui l’Italia) “vogliono che le concediamo invece dei prestiti, allora devono dare garanzie molto forti”, ha sentenziato Mark Rutte. Parole che trovano il consenso del Premier austriaco Sebastian Kurz, per cui gli aiuti devono essere forniti per “riforme lungimiranti e non per progetti orientati al passato”.

Le sovvenzioni a fondo perduto, di cui i falchi del Nord vorrebbero limitare il ricorso o vincolarli a garanzie di riforme strutturali, consentirebbero di favorire i Paesi del Sud più colpiti dalla crisi pandemica (come Italia e Spagna). La strategia dei “veti”, condotta da Olanda, Austria, Finlandia e Danimarca, dunque, mira a far saltare il raggiungimento di un compromesso tra i Ventisette favorevole ai Paesi mediterranei. Il Consiglio europeo, ha detto Rutte, è uno “scambio permanente di migliaia di veti“, per cui ci sarebbero “poco meno del 50% di possibilità di raggiungere un accordo entro domenica”.

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