Nei giorni scorsi il quotidiano leghista La Nuova Padania ha pubblicato, prendendola per vera, una lettera scritta dal fantomatico comune di Bugliano, dove il sindaco toglieva la cittadinanza onoraria a Bocelli per le sue esternazioni sul coronavirus. Il comune di Bugliano non esiste, si tratta di un account che fa parodie; basterebbero due secondi su Google per accorgersene. Soprattutto, quando si fa riferimento a una notizia, sarebbe il caso di linkarne la fonte diretta.
A quella vista, Internet esplode.
Le risate si sprecano, soprattutto perché il giornale di un luogo che non esiste condanna la lettera scritta da un sindaco che non esiste. In un crescendo surrealista di meme, pernacchie, parodie e insulti, miracolosamente a nessuno viene in mente di fare doxxing o di risalire all’autore della castroneria. Lo sfottò rimane in toni civili e viene ripresa da testate nazionali (FQ, Rolling stone, Open) – anche perché è un’occasione come un’altra per deridere i leghisti. Da veneto, appassionato di Storia e amante dell’unità d’Italia ammetto che spesso anch’io indulgo negli sfottò verso chi sogna la secessione.
Ma c’è un colpo di scena
Senza che nessuno se l’aspetti, senza che nessuno osi nemmeno sperarci, la direttrice Stefania Piazzo de La Nuova Padania pubblica una lettera da far cadere la mascella. Fa qualcosa di inconcepibile, in Italia: prima di tutto ammette l’errore, ma poi addirittura si mette di mezzo tra la folla e lo stagista che si sta prendendo le pietre. È un gesto che dimostra maturità, coraggio, etica umana e professionale.
È un gesto che nessun lettore di Repubblica o del Fatto quotidiano si aspetterebbe, nemmeno in casi eclatanti. Nemmeno quando il direttore di Rainews24 copincolla un mio articolo come fosse suo, per capirsi (salvo poi rimuoverlo senza una parola). Nemmeno quando nel 2013… vabbè.
Quello che stupisce è che un gesto simile mette voglia di far parte della redazione; soprattutto se sei uno dei mille schiavi che lavorano “freelance” pagati a frazioni di centesimi e che al minimo errore vengono ghigliottinati per placare la suburra. Persino io, geneticamente incompatibile, provo sincera ammirazione per la direttrice. Mi piacciono i concetti che esprime, mi piace come si scrolla di dosso le pernacchie con una risata, mi piace come protegge il piccolo tenendolo anonimo ma assicurando tra le righe di avergli dato una strigliata.
Mi piace perché è così che si dovrebbe comportare un leader o un ufficiale.
Questo però non lo riportano
Lo fa solo Giornalettismo. Tutti gli altri spernacchiatori all’improvviso non hanno niente da raccontare, quando quest’epilogo è parte integrante della notizia. Anzi, è di più: è come se uno inciampasse e si rialzasse con un doppio salto mortale. La cumpa sul muretto tace e guarda altrove, perché anche loro inciampano, ogni tanto, ma non sanno rialzarsi così. Di solito preferiscono negare l’evidenza, riscrivere la realtà o picchiare il primo debole che hanno sottomano.
Sono, come mi ha suggerito un utente su Twitter, “too big to be sorry”.