Abbiamo già parlato dei buoni pasto, ovvero un beneficio riconosciuto ai lavoratori, che può essere sfruttato per acquistare esclusivamente un pasto o prodotti alimentari. Qui di seguito vogliamo soffermarci su un aspetto pratico sicuramente degno di nota: l’azienda può revocare i buoni pasto 2020 oppure questi ultimi sono da ritenersi oggetto inamovibile del correlato diritto del lavoratore? Facciamo chiarezza sul punto e diamo una risposta al citato quesito.
Buoni pasto 2020: cosa sono e a cosa servono in breve
I buoni pasto 2020 (conosciuti nel gergo comune anche come “ticket restaurant“, sebbene il termine non sia giuridicamente appropriato) altro non sono che mezzi di pagamento, caratterizzati da un valore predeterminato e consegnati dal datore di lavoro al lavoratore dipendente del settore pubblico o privato (sia part-time sia full-time), sulla base di un accordo azienda-sindacati fissato nel CCNL e in funzione di servizio sostitutivo della mensa. I buoni pasto sono considerati altresì rientranti nella categoria dei cosiddetti fringe benefits, vale a dire voci addizionali alla retribuzione, tipicamente esenti da imposte, corrisposte in forma di beni o servizi (tra essi abbiamo ad es. le borse di studio, viaggi premio, le auto aziendali ecc.), dall’azienda al proprio personale direttivo.
Insomma i buoni pasto 2020 consistono in una integrazione dello stipendio, che permette di fare la spesa, al posto del servizio mensa. Il titolare può, in virtù di essi, beneficiare di un servizio di sostituzione della mensa per una somma pari a quella del valore facciale del buono pasto stesso. I buoni non danno peraltro diritto al resto.
Già la giurisprudenza, come tra poco vedremo, si è occupata della questione della revoca buoni pasto 2020, chiarendo i dubbi in materia.
È legittima la revoca di questo mezzo di pagamento?
Come appena accennato, per chiarire il dubbio della legittimità di una revoca repentina dei buoni pasto 2020, è servito il contributo dei giudici, ovvero della Cassazione che, con una recente ordinanza, ha fatto luce sulla questione e ha chiarito le limitazioni del diritto del lavoratore in tema di fruizione di pasti.
I buoni pasto 2020 trovano il loro fondamento o nei CCNL di riferimento o negli accordi individuali di lavoro. Pertanto, il diritto al buono pasto non spetta al lavoratore dipendente per il solo fatto di essere tale, ma deve essere previsto in uno specifico accordo. Ne consegue che se i citati buoni non costituiscono oggetto di accordo, il lavoratore non potrà pretenderli. Ciò anche perché, da un punto di vista tecnico-giuridico, i buoni pasto 2020 non sono parte della retribuzione, ma piuttosto sono un beneficio supplementare alla stessa.
Sulla scorta di ciò, la Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro è libero di revocare i buoni pasto 2020 ed il motivo consiste nel fatto che tali benefici non sono appunto un emolumento rientrante nella retribuzione. Conseguentemente, non rileva l’eventuale prassi dell’azienda che li ha sempre versati e a cui poi è seguita l’improvvisa revoca. In buona sostanza, l’azienda può unilateralmente revocare i detti buoni, senza dover trovare un accordo con i lavoratori o con i sindacati: è una scelta autorizzata e discrezionale che – come rimarcato dalla Cassazione – trova il suo fondamento nel fatto che il buono pasto è un mezzo di pagamento al di fuori delle regole di tutela in tema di retribuzione.
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