Quando arrivano le sanzioni tributarie e come dimostrare la buona fede
Sanzioni tributarie: che cosa sono e quali finalità hanno. Come funziona il meccanismo dell’attribuzione della responsabilità per illecito fiscale? Come tutelarsi?
Gli illeciti in campo tributario sono tra i più diffusi in Italia. È sufficiente infatti leggere le notizie quotidiane per rendersi conto che l’evasione fiscale, e tutti i fenomeni ad essa connessi, sono tutt’altro che passati di moda. Qui di seguito vogliamo porre l’attenzione su un interessante aspetto, che probabilmente potrebbe spingere il potenziale evasore a rigare dritto: stiamo parlando del meccanismo con cui la legge attribuisce la responsabilità al contribuente-evasore, e gli infligge conseguentemente le sanzioni tributarie. Vediamolo da vicino.
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Sanzioni tributarie: cosa sono e a cosa servono
Prima di affrontare il tema della responsabilità per illecito in ambito fiscale, e della conseguente emissione delle sanzioni tributarie, chiariamo – in breve – cosa sono queste ultime per la legge. Ebbene, altro non sono che la reazione che il legislatore che le ha introdotte, oppone contro la realizzazione di un illecito di natura fiscale. Le sanzioni tributarie hanno lo scopo di punire e riparare allo stesso tempo, con conseguenza di costituire altresì un mezzo di dissuasione che dovrebbe spingere la generalità dei contribuenti ad adempiere spontaneamente ai propri doveri verso il Fisco.
Pertanto, la disciplina sanzionatoria persegue tre funzioni differenti:
- funzione afflittiva, che si concretizza nella punizione delle violazioni compiute;
- funzione di prevenzione delle future violazioni;
- funzione rieducativa verso i comportamenti dei contribuenti, che vengono (o dovrebbero essere) in qualche modo “ammaestrati” dalle sanzioni previste in caso di illecito fiscale.
Si può intuire che il bene tutelato dalle sanzioni tributarie è
l’interesse fiscale dello Stato, ovvero l’interesse del Fisco ad avere rapporti cristallini e sereni con i contribuenti. In estrema sintesi, ricordiamo ancora che le sanzioni tributarie si possono suddividere in:
1) sanzioni amministrative di ambito pecuniario (con pena legata al pagamento di somme di denaro);
2) vere e proprie sanzioni penali con misure restrittive della libertà personale (laddove l’illecito fiscale compiuto ed accertato dalla magistratura, sia particolarmente grave).
Le norme che dispongono le sanzioni tributarie seguono il principio di legalità: pertanto esclusivamente la legge può porre le sanzioni. A tale principio si correla quello dell’irretroattività della norma tributaria sanzionatoria, che non può colpire violazioni pregresse alla sua entrata in vigore.
La responsabilità in ambito fiscale: come funziona?
A questo punto concentriamoci sulla questione della responsabilità di colui che commette l’illecito fiscale. Il punto è che, secondo l’impianto della legge vigente, le sanzioni tributarie possono colpire il contribuente anche senza colpa, anzi magari in piena buona fede. La ragione di ciò sta nel fatto che la legge tributaria italiana è molto severa, ovvero le norme sono molto rigorose e non ammettono dimenticanze o distrazioni. Tuttavia, le regole tributarie non sempre sono facilmente comprensibili e talvolta possono creare dubbi o difficoltà interpretative nel contribuente. Ebbene, errori, sviste o disattenzioni non sono scusate dalla legge tributaria.
La legge impone anzi al contribuente di adempiere con diligenza – e tempestivamente – ai propri obblighi di contribuente e ben sappiamo quanto siano numerosi: ad es. dichiarazione dei redditi, emissione dello scontrino elettronico, effettuazione di versamenti ecc. Sopra abbiamo detto che la colpa, in ambito fiscale, può essere presunta, bastando l’accertamento della violazione, e non anche della volontà di compiere l’evasione fiscale. In concreto, la prova della non-colpevolezza può gravare interamente sul contribuente.
In sintesi, l’Agenzia delle Entrate, per infliggere la sanzioni tributarie amministrative pecuniarie sopra citate, non sarà tenuta a fare luce su un eventuale “dolo” del contribuente. Piuttosto, esclusivamente per gli illeciti penali di questo campo, ovvero i reati tributari, è obbligatorio che la magistratura svolga una serie di accertamenti mirati ad individuare dolo o colpa. Invece, laddove la sanzione tributaria inflitta non sia di carattere penale, anche la semplice colpa è presunta, e toccherà al contribuente dimostrare il contrario.
Secondo lo Statuto dei diritti del contribuente, il contribuente non subirà sanzioni tributarie laddove sia provato che l’illecito è stato dovuto a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione finanziaria, oppure laddove venga accertata una oggettiva incertezza sull’interpretazione della norma tributaria. Pensiamo, tra i tanti casi che si potrebbero citare, ai modelli di dichiarazione o di versamento, con istruzioni poco chiare se non addirittura ambigue e fuorvianti. È chiaro che quanto appena menzionato dovrà essere messo in luce da colui che si oppone alle sanzioni tributarie, ovvero il contribuente.
Come può tutelarsi il contribuente?
A questo punto dobbiamo domandarci cosa può fare in concreto il contribuente che ritenga di essere stato ingiustamente sanzionato dal Fisco italiano. Ebbene, in linea generale, si può affermare che il contribuente, per dimostrare la sua buona fede ovvero l’assenza di colpa, dovrà chiarire di aver utilizzato tutta la diligenza dovuta senza essere comunque riuscito a osservare pienamente l’obbligo per una ragione indipendente da lui e dalla sua volontà. Come può facilmente intuirsi, dare questa prova all’autorità giudiziaria può rivelarsi assai arduo, dovendosi evidenziare elementi concreti, tangibili ed oggettivi e non bastando dunque l’affermazione di non aver voluto evadere le tasse.
Concludendo, merita quanto meno una rapida menzione il caso del commercialista che sbaglia ai danni del contribuente-cliente. Pensiamo ad esempio ad una dichiarazione fiscale irregolare per qualche motivo: in tali circostanze gli errori dell’intermediario gravano sul contribuente, anche se quest’ultimo è senza colpa. Il contribuente deve insomma ricordarsi di controllare che il commercialista adempia correttamente ai propri obblighi, pur potendo eventualmente tutelarsi con rivalsa al fine di ottenere il risarcimento dei danni dal professionista.
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