Libia, l’Italia in mezzo al guado

Pubblicato il 31 Marzo 2011 alle 21:54 Autore: Francesca Petrini
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[ad]Pochi giorni più tardi dall’inizio dell’intervento occidentale, pare che Berlusconi si sia pentito della drastica decisione presa relativamente all’intervento in Libia e, pertanto, ha cercato di tenere le fratture con la Lega da un lato, ed evitare l’Aula parlamentare dall’altro, demandando a Frattini e La Russa il compito di parteciparvi e prendere parola: ha quindi lasciato ai gruppi parlamentari il compito di votare la risoluzione di maggioranza che, di fatto, ha sancito temporaneamente una pace all’interno della coalizione di governo. Dell’ambiguità, o quanto meno della poca fermezza nella decisione relativa all’intervento in Libia, così come voluta dal Governo, si ha traccia proprio nel testo della risoluzione di maggioranza, approvata la scorsa settimana dal Senato prima e dalla Camera poi. Non è un caso, infatti, se all’interno di tutto il testo della risoluzione non si riproduce mai quel dispositivo che era stato approvato dalle Commissioni Affari esteri e Difesa riunite: in tal senso, si cercano di “appianare” le cose tra Pdl e Lega e, di conseguenza, si nega il motivo stesso del voto in Parlamento, la cui ratio è sancire e confermare proprio quella decisione già presa dalle Commissioni riunite. Al fine di riparare ai danni derivanti dall’adesione netta alla risoluzione 1973, ora nella risoluzione di maggioranza si tratta di “ribelli” e non più di “movimenti popolari di protesta”, si parla dell’Italia come del paese più esposto a ritorsioni e non si cita mai il cessate il fuoco, ma si fa piuttosto riferimento a una generica cessazione della conflittualità. Inoltre, i punti 6 e 7 del Consiglio Affari Esteri dell’Ue del 21 marzo 2011, in cui si riafferma la determinazione dell’Ue nel contribuire alla implementazione della Risoluzione 1973 e nel continuare a fornire assistenza umanitaria e protezione civile, si trasformano nel testo della risoluzione di maggioranza in un impegno affinché l’Ue renda immediatamente operativa “un’azione di pattugliamento” del Mediterraneo in funzione di deterrenza e di contrasto alle organizzazioni criminali legate anche a gruppi terroristici e dedite al traffico di esseri umani, nonché in funzione di prevenzione migratoria e, da ultimo, di assistenza umanitaria.

Tutto ciò sembra un indulgere nelle ambiguità, ovvero l’ipocrisia di chi si è pentito delle proprie scelte e ora tenta di trasmutare il senso della risoluzione 1973 – forse questo è il motivo principale dell’esclusione dalla conferenza a 4 cui ha partecipato pure la Germania –, magari ripensando nostalgicamente alle potenzialità economiche dei rapporti italiani con quel regime definito, da Berlusconi, “modello di democrazia per tutto il mondo arabo”, in quanto modello in cui il Parlamento non esiste, ma c’è semplicemente un rapporto diretto tra capo e cittadini – che, aggiungiamo noi, in tal senso forse diventano piuttosto dei sudditi.

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L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
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