Pagamento ferie non godute: come può monetizzare il lavoratore?
Ferie non godute: il lavoratore può ottenere un’indennità sostitutiva del mancato periodo di riposo? Il punto della Corte di Cassazione
L’argomento ferie non è mai di secondo piano per chi lavora: come d’altronde ci ricorda l’art. 36 Costituzione: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi“. Insomma, le ferie trovano un fondamento anche nella fonte del diritto italiano per antonomasia e meritano quindi adeguata considerazione da parte del datore di lavoro. Qui di seguito occupiamoci però di una specifica questione inerente il diritto del lavoro: che succede in caso di ferie non godute? il lavoratore può comunque monetizzarle, ovvero ottenere l'”equivalente” di esse in denaro, come compensazione per non averne usufruito oppure no? Facciamo il punto.
Ferie non godute e indennità sostitutiva: la Cassazione sul tema
A fare chiarezza ci ha pensato ancora una volta la giurisprudenza, che spesso – come abbiamo già ricordato in più circostanze – affrontando casi pratici specifici, chiarisce la portata di singole disposizioni normative e supera le lacune normative.
In ambito ferie non godute, è stata infatti emanata recentemente un’ordinanza da parte della Suprema Corte, che pone un principio essenziale, di immediata applicazione pratica: in buona sostanza, se il datore di lavoro non prova di aver permesso al dipendente di avvalersi del periodo di riposo definito dal CCNL di categoria, il lavoratore ha diritto di monetizzare le ferie, domandando ed ottenendo un’indennità sostitutiva, in compensazione. Per evitare ciò, l’azienda dovrebbe provare quindi che è stato il dipendente a rinunciare spontaneamente ad avvalersi delle ferie.
Come sopra accennato, il diritto alle ferie trova tutela nella Costituzione, ma non solo: anche nel diritto dell’Unione Europea si possono rintracciare norme di garanzia, proprio al fine di assicurare al lavoratore un periodico riposo e recupero delle energie psico-fisiche. All’art. 7 della direttiva n. 88 del 2003 si trova infatti che: “Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali“.
C’è un punto che merita di essere sottolineato: nell’ipotesi nella quale il dipendente, di sua spontanea volontà, rifiuti di fare le ferie, il datore di lavoro è comunque obbligato ad informarlo “in modo trasparente e tempestivo”, ovvero in anticipo rispetto al periodo che sarebbe destinato alle ferie, della conseguenza per la quale i giorni di riposo psicofisico saranno persi al termine del periodo di riferimento, in quanto ferie non godute. Ma in ogni caso, l’azienda non può imporre al lavoratore di fare la ferie, può semplicemente raccomandare di farle e il lavoratore dunque non è obbligato ad usufruire del riposo.
Quando scatta il diritto all’indennità sostitutiva?
Il lavoratore deve essere insomma libero di decidere se avvalersi o meno delle ferie, e – sulla scorta delle indicazioni della Corte di Cassazione – può comunque monetizzare le ferie non godute, anche laddove non sia riuscito ad usufruirne, nè per colpa del datore di lavoro, nè per colpa sua. Ma d’altra parte, le ferie non godute non sono di certo l’ipotesi principale in Costituzione: nella Carta all’art. 36 infatti si trova che il lavoratore non può rinunciare alle ferie annuali, essendo esse un diritto-dovere allo stesso tempo. E ciò vale sia per i dipendenti del settore pubblico, che per quelli del settore privato.
Concludendo, e richiamando il principio individuato dalla Cassazione, le ferie non godute possono essere comunque monetizzate dal lavoratore laddove l’azienda non riesca a provare, in corso di causa, di avere fatto il possibile per garantire il riposo al lavoratore.
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