Spesso si sente parlare di “fedina penale” nelle notizie giornalistiche di cronaca nera e di cronaca giudiziaria, essendo essi termini ben noti nella prassi delle cause penali. Chiunque compia un reato, ovvero un illecito penale, macchia la sua fedina penale, ovvero per lo Stato non è più un “incensurato”. Poniamoci però la seguente domanda: in queste circostanze, è possibile ripulire tale fedina oppure no? Vediamolo di seguito, rispondendo a questioni di ordine pratico che sicuramente hanno un rilievo per molte persone.
Fedina penale: di che si tratta?
Prima di capire come sia possibile ripulire la propria fedina penale, dobbiamo spendere qualche parola sul concetto. Per “fedina penale” il legislatore intende il documento scritto, detto “certificato del casellario giudiziale”, conservato presso gli uffici della Procura della Repubblica, e nel quale sono indicate per estratto tutte le condanne penali già passate in giudicato. In altre parole, la fedina penale rappresenta la storia dei crimini commessi da un individuo.
Ma cosa si intende per condanna passata in giudicato? Ebbene, si tratta di procedimenti definiti con sentenza o decreto penale di condanna, e non più impugnabili innanzi al giudice. Se, invece, il procedimento è ancora pendente, ovvero è ancora in attesa di decisione del magistrato, tale iscrizione compare nel differente certificato dei “carichi pendenti”, o nel certificato di cui all’art. 335 c.p.p. che, appunto, elenca i procedimenti in corso (ovvero pendenti) e quindi non ancora definitivi.
Pertanto si diventa “pregiudicato” (altro termine che spesso compare nelle notizie di cronaca) laddove si ha un precedente penale di qualche tipo, ovvero si è già stati condannati per qualche reato, con iscrizione nel casellario giudiziale, e conseguente fedina penale “macchiata”. Il pregiudicato si trova insomma ad essere considerato penalmente responsabile, senza poter più impugnare alcunché, dato che il processo si è ormai chiuso con una sentenza o un decreto penale di condanna definitivi.
Qualora nei confronti dell’imputato sia emessa dunque una condanna definitiva, l’iscrizione sarà cancellata dai carichi pendenti e transiterà nel casellario giudiziale.
È possibile ripulire la fedina?
A questo punto è abbastanza ovvio domandarsi se è davvero possibile ripulire la fedina penale, macchiata a causa di qualche reato. Ovvero, è possibile farla tornare pulita ed immacolata? Ebbene, la risposta da darsi è negativa, in quanto – tranne alcune ipotesi specifiche (come ad es. le condanne emesse dal giudice di pace per reati lievi) – le iscrizioni nel casellario citato non si cancellano.
In altre parole, il precedente penale sarà sempre parte della “storia giudiziaria” del pregiudicato e potrà pesare nella reputazione del condannato, il quale ad esempio potrebbe avere difficoltà a trovare un nuovo lavoro, in ragione di ciò.
Tuttavia, la legge penale prevede uno strumento che permette di estinguere le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, ovvero la riabilitazione. Con il procedimento di riabilitazione, il condannato/pregiudicato per un certo reato può ottenere una sorta di “cancellazione” della sentenza di condanna.
Occorre però fare attenzione: la riabilitazione penale non permette di rendere di nuovo pulita la fedina penale, dato che la sentenza di condanna resterà comunque iscritta nel certificato del casellario giudiziale. Piuttosto, la riabilitazione potrà mitigare gli effetti negativi futuri della condanna iscritta nel citato casellario.
In buona sostanza, una volta condannati, non si può più ritornare incensurati, ma si può rimediare, evitando magari ulteriori effetti negativi della condanna, anche molti anni dopo di essa. Infatti, a seguito di riabilitazione, l’iscrizione nel casellario resterà, ma accanto ad essa troverà spazio la utilissima dicitura “reato estinto”: pertanto, pur se ancora incluso nel detto casellario, il precedente penale non sortirà più alcun effetto negativo per il pregiudicato, che potrà dunque riottenere le facoltà giuridiche perse a seguito del provvedimento di condanna. Per esempio, in caso di riabilitazione, al condannato non potrà essere contestata la recidiva (di cui abbiamo già parlato qui).
L’utilità della riabilitazione
A questo punto, vediamo qualche dettaglio sulla riabilitazione e perché è davvero utile al pregiudicato. Ebbene, la riabilitazione consiste in una speciale procedura che comporta l’estinzione delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale della condanna. Essa trova espressa menzione all’art. 178 del Codice Penale.
La riabilitazione presuppone che la pena principale sia stata già scontata dal reo o altrimenti estinta ed ha la finalità di facilitare il reinserimento del soggetto non più incensurato nella società. Tecnicamente, tale iter non dà luogo ad una causa estintiva della pena, bensì ad una mera causa di estinzione delle pene accessorie e degli altri effetti penali della condanna. La riabilitazione infatti ha una funzione promozionale e premiale, in quanto legata, come detto, alla piena espiazione della sanzione principale (ad es. reclusione), ma anche alla buona condotta da parte del reo, dimostrata per un determinato periodo di tempo.
Ricordiamo altresì che le pene accessorie consistono, ad esempio, nell’incapacità di contrattare con la PA, oppure nell’interdizione dai pubblici uffici o da una professione o da un’arte. Invece, gli effetti penali della condanna sono le conseguenze negative che derivano da una condanna per un illecito penale: la legge tra esse annovera l’impossibilità di sostenere concorsi pubblici oppure l‘attribuzione della qualifica di delinquente abituale, per tendenza o abituale. Sono chiaramente intuibili le ripercussioni pratiche nella vita del reo, legate a tali effetti.
Concludendo, ribadiamo dunque che la fedina penale, una volta macchiata resta tale; tuttavia con la riabilitazione può essere in qualche modo “ripulita” l’immagine e la reputazione del condannato, per il futuro, ad es. nell’ipotesi quest’ultimo cerchi un nuovo lavoro o debba sostenere un nuovo processo penale.
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