Sulla definizione di Leadership. Terza puntata: il PDL

Pubblicato il 25 Maggio 2012 alle 12:08 Autore: Gianluca Borrelli

[ad]E Alfano? A detta dello stesso boss non ha il “quid” e ora come ora sembra più il curatore fallimentare di un marchio divenuto ormai tossico piuttosto che un leader di partito. Non ha il controllo vero della struttura, piena di personaggi con notevole potere che rispondono solo al boss e soprattutto qualunque sua decisione può essere sovrascritta in qualsiasi momento dal vero proprietario.

C’è ancora qualcuno che manca all’appello di questa analisi, un leader di una efficacia straordinaria, qualcuno con una visione molto chiara di come indirizzare il Paese, che, pur senza mai candidarsi, ha ispirato e protetto nei momenti difficili Berlusconi. In questi giorni sta tessendo la sua ennesima tela per convincere Montezemolo a rilanciare il centrodestra berlusconiano (progetto al quale potrebbe giocoforza aggregarsi anche Casini, bisogna vedere che cosa ne verrà fuori).
Decenni di trattative fatte in maniera più o meno occulta con il partito comunista e i suoi derivati, con il pentapartito, di cui hanno raccolto l’eredità, con le gerarchie ecclesiastiche, con gli alleati europei, americani e con una quantità di poteri palesi ed occulti in giro per il mondo. Se Berlusconi è stato il “Re Sole” lui è stato senza dubbio “Richelieu“. Se Berlusconi è stato “Eric Draven”, apparentemente immune a qualsiasi attacco (è sembrato per lunghi anni politicamente immortale) lui era senza dubbio “il corvo” che lo proteggeva. Stiamo parlando di Gianni Letta, vero uomo ombra ed eminenza grigia di un piano che da quasi 40 anni sta cercando di modificare l’Italia (nel bene e nel male, a seconda dei punti di vista).
Ma di questo parleremo in una prossima puntata (forse).

L'autore: Gianluca Borrelli

Salernitano, ingegnere delle telecomunicazioni, da sempre appassionato di politica. Ha vissuto e lavorato per anni all'estero tra Irlanda e Inghilterra. Fondatore ed editore del «Termometro Politico».
Tutti gli articoli di Gianluca Borrelli →