Lo smartworking si può fare, a molti conviene pure
Vivere in 30mq con mobili di carta e pareti finte sembrava tanto una buona idea, prima del Covid. Adesso meno.
Il telelavoro è nato circa nei ’70 grazie all’avanzare della tecnologia ed è stato regolamentato nel 2004; il datore di lavoro deve poter ispezionare la regolarità del lavoro, attività lavorativa e quotidiana vanno compartimentate e separate, e ogni 24 ore sono obbligatorie 11 ore di riposo, mentre è proibito lavorare dalle 24 alle 5.
Lo smart working è l’evoluzione di questo concetto.
Non contano più giorni e orari, solo il risultato. La sede fisica ha perso importanza, tanto che molte aziende avevano già adottato la politica Byod – Bring your own device – che di fatto trasformava gli uffici in stanzoni con una connessione, un bagno e una macchinetta del caffè. Nel concreto, oggi chi fa un lavoro d’ufficio a Milano può svolgerlo con il proprio portatile nella hall di un albergo a Posillipo. Fino al lockdown, però, molti imprenditori non ci credevano.
Ora invece hanno scoperto – o preventivato – che l’assenza di una sede fisica riduce le spese. C’è chi dice i dipendenti separati non facciano “girare le idee” riducendo la produttività, ma secondo l’osservatorio del Politecnico di Milano, lo smart working ha aumentato la produttività del 5-6%. Se anche sbagliasse, è da mettere su un piatto della bilancia la percentuale di fatturato che se ne va in assicurazioni, servizi e affitto – quelli non deducibili, almeno – e sull’altro la percentuale di fatturato perso con lo smart working.
Ma tre mesi di lockdown in 30mq ci hanno fatto notare alcuni dettagli.
L’economia delle grandi città è basata su bar, ristoranti, negozi, parcheggi, trasporti, affitti. Un bosco di rovi che ogni mattina i lavoratori devono attraversare e in cui ogni spina prende un brandello di stipendio. Pranziamo in lupanari asettici con tavoli attaccati pagando 12 euro una cotoletta surgelata. Perdiamo soldi tra benzina e parcheggi o abbonamenti. Torniamo in case cubicoli-dormitorio trasandate da cui ci affrettiamo a fuggire il prima possibile per spendere altri soldi in posti più accoglienti.
Dopo questi mesi di arresti domiciliari abbiamo aperto un sito immobiliare, e…
Ora proviamo con gli affitti.
Fino a marzo 2020, a questo parallelo sarebbe seguito un grazie e graziella. Per forza il centro costa di più, la gente è costretta a starci e hai più servizi. Ma oggi abbiamo la dimostrazione che noi possiamo davvero lavorare ovunque. A che ci servono, ‘sti servizi? Perché dovremmo continuare a farci spennare come polli da palazzinari avidi e ristoratori pigri? Solo risparmiando i soldi della benzina il nostro stipendio aumenta di parecchio.
La risposta, in genere, sono servizi e vita sociale.
In Italia esistono posti di una bellezza assoluta che però sono tagliati fuori dal mondo “civilizzato”. Anche questo era vero fino a marzo 2020. Se tanti stanno lasciando le grandi città, forse saranno le grandi città ad essere sprovviste di mondi civilizzati. I servizi ci servivano per andare al lavoro, e ora che treni, autobus e metropolitane sono infestati di idioti senza mascherina, la voglia di andarci è calata. Ora che abbiamo visto come gli assembramenti scatenano davvero altri focolai, la voglia di fare bagni di folla è calata parecchio.
Forse il mondo cambierà di nuovo.
Forse è già cambiato e non vogliamo vederlo.