Smart working: servono nuove regole, parla Landini (Cgil)
Lo smart working non può cambiare le regole base del mondo del lavoro per Landini (Cgil): servono invece nuove norme che possano garantire diritti.
L’avvento dello smart working non può stravolgere l’elenco dei diritti che spettano legittimamente al lavoratore. Servono anzi nuove regole, che vertano sugli orari, così come sugli straordinari, in modo tale da non far diventare il lavoro intelligente da remoto una nuova schiavitù lavorativa alla quale si è sottoposti senza regole, né diritti. Questo, in linea di massima, il pensiero del segretario generale della Cgil Maurizio Landini, espresso nel corso del Meeting di Comunicazione e Liberazione a Rimini.
Smart working: tutela diritti e nuove regole, le parole di Landini (Cgil)
Per il sindacalista serve un “nuovo statuto dei lavoratori che metta il lavoro al riparo dalle distorsioni generate dalla flessibilità, dalla precarietà e dalla deregulation”, e adesso, in tempo di Covid-19, anche “dalla diffusione generalizzata del lavoro da remoto”, con lo smart working che è ormai entrato nel nostro linguaggio ma che “non può eliminare limiti di orario e stravolgere garanzie salariali”. Per il segretario Cgil se uno utilizza lo smart working come scusa per raccontare che non c’è più orario, né straordinari né maggiorazioni, allora è solo una presa in giro. “Tutte queste cose possono continuare a esistere ma vanno ri-regolarizzate. Siccome la stessa persona dovrà lavorare in determinate condizioni, il problema è mettere la persona nelle condizioni di poter avere quella libertà e quell’autonomia nel lavoro che gli permetta di raggiungere dei risultati, ma anche di poter essere pagato per quello che fa e nella nuova misura in cui la fa”. Su questo punto, per Landini, è fondamentale la regolamentazione stabilita dai contratti nazionali di lavoro.
Landini cita anche la sanità e chi lavora nel campo: “Mesi fa dicevamo che erano i nuovi eroi, adesso si sono già scordati tutti”. Il riferimento è anche alla sanità privata, con un contratto che è “scaduto da 12 anni” e con una pre-intesa che poi “Confindustria ha deciso di non firmare”.
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