Chi è Sauron, l’oscuro signore delle terre di Mordor?
Per anni lo hanno insultato, deriso, odiato, amato. Alcuni gli hanno augurato la morte, altri lo hanno snobbato, altri lo hanno minacciato, altri ancora, invece, sono scesi in campo per inseguire un grande sogno.
Nato il giorno che non si può dire nel luogo che non si può nominare, ha da sempre vissuto ad Arda con la sua famiglia, quando il suo nome era ancora Mairon, “l’ammirabile”. Origini povere, a 14 anni decide di “fare di testa sua” e, contro i consigli degli insegnanti che lo volevano servo di Aule il fabbro, sceglie di farsi irretire da Morgoth, uno spirito votato al male, e da quel momento prende il nome di Sauron. Passati cinque anni si rende conto che manca la passione per conquistare e distruggere tutta Arda come il suo maestro, ma, nel frattempo, si è accesa quella per conquistare l’intero mondo.
Prima vorrebbe iniziare da Valinor, poi con una magistrale intuizione decide di dedicarsi alla Terra di mezzo. E ora un lavoro da Dio conquistatore che si aggiunge alle sue due vere passioni, i mostri e i fiumi di lava.
Spente le luci nelle celle delle torture, infatti, sale su un Nazgul e vola nella terra di Numenor per dedicarsi alla battaglia, valorizzandola come strumento educativo: sventratore di soldati, decapitatore, esplosivista. Il rapporto speciale che lo lega ai maghi ha radici lontane, nasce dai tempi dei Palantir che sono stati il suo primo mezzo di corruzione fino alla partenza per Mordor.
Una vita vagabonda la sua, caratterizzata non solo da lunghi massacri (in cui conosce Saruman e il Re stregone di Angmar) ma anche da vere e proprie “emigrazioni” in altri paesi. Nove cavalieri oscuri vanno nella Contea per un sequestro a scopo rapina, altrettanti tentano la strage nei pressi di Colle Vento causando ferite giudicate gravissime, poi le paludi di Moria, le montagne dell’ombra, Nurn.
Luoghi e mondi che lo forgiano alla diversità e che lasciano segni: il welfare dei nani, la solidarietà elfica negli anni della crisi, il lato negativo di usare una palude per seppellire i cadaveri. Tornato nella sua Mordor continua a viaggiare, questa volta con la mente.
Perché, in fondo, l’Oscuro signore è questo.
Un sognatore, un vulcano di idee ed emozioni, di visioni, di prospettive. Una persona estremamente sensibile e coriacea al tempo spesso, che empatizza con le sofferenze altrui ma che si batte fino allo stremo per un singolo anello. Un trascinatore che ama coinvolgere ed essere coinvolto, un eterno ragazzo che crede di poter cambiare il mondo partendo da un cambiamento interiore.
Da mesi vive il peso di una responsabilità enorme. Tante persone credono in lui e negli Uruk-Ai. Tante persone si aspettano tanto da lui e la sensazione di non fare mai abbastanza lo divora.
Sauron si è messo in gioco, ci ha messo la faccia e la reputazione. Sa che il prezzo dei suoi errori è nettamente più alto del dovuto ma ci spiega che “il diritto all’errore del principiante è la chiave per lo svecchiamento della società”. La sua presenza nei Palantir, il suo tenere testa a vecchi lupi della magia sono stati d’esempio per tantissimi di noi.
Se gli chiedi quanto gli pesi la sua nuova vita, lascia parlare il suo portavoce ufficiale: “il mio padrone, Sauron il grande, vi porge il benvenuto. Il mezz’uomo era caro a voi, vedo. Sappiate che ha sofferto grandemente per mano di chi l’ha ospitato. Chi avrebbe detto che un essere così piccolo potesse sopportare tanto dolore? E lo ha fatto, Gandalf, lo ha fatto”.
Alla fine è tutto qua: se vuoi che la politica non sia ridotta ad una giungla di volpi, lupi e sciacalli, armati di coraggio, mettici il cuore, lavora per la collettività, rivendicando una visione alta e ghermiscili per incatenarli nel buio.
Nonostante i suoi occhi stanchi, capisci al volo che Sauron è profondamente innamorato di quello che sono i suoi orchi e di quello che potrebbero diventare.
Qual è, dunque, il futuro di Mordor, che cosa ci aspetta?
“Il bello degli stragisti è che sono sempre in movimento, possono cambiare habitat ma senza perdere la capacità di leggere le mareggiate. Noi siamo portatori di un sentimento alternativo che non si è affatto esaurito, che crede nella prossimità della politica, ma che può vivere solo se portato avanti da una collettività.
La battaglia al fosso di Elm è stato un grande esame di coscienza collettivo, ora bisogna metterci la faccia. Noi ce l’abbiamo già messa, è impalata sulla lance dei Rohirrim. Vediamo se al prossimo invito qualcuno ci farà compagnia”.