Abbiamo frequentemente parlato di tematiche inerenti condominio e locazioni, ed ovviamente continueremo a farlo, in considerazione della rilevanza pratica che hanno le questioni legali in questi ambiti. Più volte abbiamo utilizzato l’espressione “parti comuni“, che per la legge ha un significato ben preciso. Qui di seguito vogliamo soffermarci proprio su questo significato, onde fare chiarezza una volta per tutte ed evitare così equivoci e fraintendimenti in materia condominiale.
Parti comuni condominiali: qual è l’articolo del Codice Civile in proposito
C’è un articolo del Codice Civile, ovvero l’art. 1117, che ha proprio lo scopo di definire e chiarire quali sono le parti comuni dell’edificio condominiale. In esso infatti vi si trova scritto che dette parti “sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio“. In quanto tali, dette parti possono dunque definirsi “condominiali”. Ma quali sono in concreto queste parti? Per la risposta, richiamiamo il testo del citato articolo:
- tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate;
- le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l’alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune;
- le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l’energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell’aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.
L’articolo in oggetto classifica le parti comuni in tre tipologie differenti, in base a quella che è la loro relazione con il caseggiato cui si riferiscono. Abbiamo dunque:
- parti strutturali e che formano l'”ossatura” dell’edificio (come i muri maestri e le fondazioni);
- parti o locali accessori mirati ad essere servizio generale dell’edificio;
- opere, impianti ed altri manufatti la cui presenza, pur non essendo obbligatoria, è però utile al godimento e servizio comune.
La presunzione di condominialità di dette parti
Secondo le regole del diritto civile, sussiste una vera e propria presunzione di appartenenza al condominio delle parti comuni dell’edificio (cd. “presunzione di condominialità”), a meno che una certa parte del caseggiato non sia espressamente attribuita in proprietà esclusiva ad uno dei condomini, in base ad un titolo. Infatti, al comma 1 del citato articolo si trova scritto: “se non risulta il contrario dal titolo“. Aprendo una breve parentesi, ricordiamo che per titolo deve intendersi l’atto o l’insieme di atti (il regolamento contrattuale o il complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche l’usucapione o il testamento) che hanno generato il condominio.
Tuttavia, per sussistere, detta presunzione deve essere fondata sulla destinazione della parte comune all’uso e al godimento comune: ciò deve emergere da fattori oggettivi, vale a dire dall’attitudine della parte comune ad essere di servizio o di godimento comune. Queste sono state le conclusioni della giurisprudenza che, pertanto, fanno altresì dedurre che l’elenco sopra riportato non è tassativo, ovvero anche elementi del fabbricato, non ricompresi nella lista di cui sopra, possono essere considerati parti comuni, come già peraltro emerso in varie sentenze.
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