Concorsi pubblici: richiedere titoli di studio eccessivi illegittimo. A dirlo il Consiglio di Stato
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Concorsi pubblici: i bandi volti alla selezione di personale della Pubblica Amministrazione spesso richiedono titoli di studio eccessivi per la posizione per cui si concorre. Questa pratica è palesemente illegittima secondo il Consiglio di Stato.
Concorsi pubblici: richiedere titoli di studio eccessivi è illegittimo
Concorsi pubblici: le selezioni volte al reclutamento di personale della Pubblica Amministrazione spesso chiedono dei titoli di alta qualificazione anche eccessivi rispetto alla posizione lavorativa che andranno a occupare i vincitori. Tale pratica serve innanzitutto a ridurre la platea dei partecipanti ai concorsi: un fattore non indifferente dal punto di vista organizzativo.
D’altronde, non esiste una legge che disciplina la materia: ogni Pubblica Amministrazione ha sostanzialmente piena discrezionalità sui titoli da richiedere al momento di indire un bando. Tuttavia, sulla liceità di tale pratica è recentemente intervenuto il Consiglio di Stato: secondo l’organo richiedere titoli eccessivi rispetto alla posizione per cui si concorre è una pratica illegittima. I requisiti di selezione, insomma, devono essere proporzionati alla posizione per cui si concorre.
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L’intervento del Consiglio di Stato
Come si scriveva prima non esiste una legge che disciplina la materia dei titoli che le Pubbliche Amministrazioni possono richiedere al momento di indire un bando. A queste è data sostanzialmente piena discrezionalità al momento di indicare la tipologia di titoli richiesti per ricoprire una posizione che si mette a bando. Tuttavia, il Consiglio di Stato con una sentenza ormai nota – la numero 6972 del 2019 – ha stabilito che i titoli di studio richiesti devono essere proporzionati alla posizione in palio.
Dunque, va bene tenere conto della preparazione dei candidati al momento di valutarne la competenza rispetto a una determinata mansione da svolgere mentre richiedere eccessivi titoli in fase di selezione è scorretto, contraddittorio e illogico dal punto di vista giurisprudenziale e del perseguimento dell’interesse pubblico.
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