Quando l’Italia battè la Francia con un pugno di sabbia
Venezia mette albergo e mare, tu metti l’aristocrazia e facciamo festa come se fosse il 1920.
Venezia ha sempre saputo di essere unica al mondo, e parecchi abitanti di fine ‘800 già pensavano di farci un business. L’intero jet set mondiale andava in vacanza nella Costa Azzurra francese, un posto affettato e in punta di forchetta dove si faceva più passerella che vacanza e i costi erano proibitivi, soprattutto paragonati al risultato. Gli italiani intuirono che nessuno vuol spendere per fare a gomitate, spendere e tornare in camera da solo.
Bisognava creare qualcosa di simile ma più accogliente, ma dove?
L’idea venne da Lord Byron, un miliardario che s’era trasferito a palazzo Mocenigo nel 1818. Aveva fatto spedire i suoi quattro cavalli al Lido per farci le galoppate mattutine. Era un’isola di 13 chilometri all’entrata del Canal Grande tra Venezia e l’Adriatico, con una vista stupenda sulla città e una spiaggia pulita e selvaggia. Ci andavano i veneziani a fare le Luni del Lio, cioè bagno e pic nic del lunedì con la famiglia. Nel 1850 erano così spuntati i primi stabilimenti, minuscole capanne di stoffa a righe bianche e blu in cui cambiarsi. Qualche trattoria gestita da pescatori, un paio di chioschetti, niente di più.
Poi arrivò San Nicolò. Per la precisione, Nicolò Spada.
Spada è stato in Costa Azzurra e ha capito il punto. Tornato in Italia cerca tra i migliori architetti e trova Giovanni Sardi. Gli dice di progettare un albergo imponendo una sola regola: concentrarsi solo sulla storia di Venezia, così da essere un prolungamento della città indistinguibile tra passato, presente e futuro. Ha budget illimitato e un anno di tempo. Sardi prende le influenze ottomane, bizantine, romane, le mette insieme e non si tiene.
Il Grand Hotel Excelsior viene inaugurato nel 1908 con una festa da 3000 invitati e un’orchestra da 100 suonatori.
Le foto e le cronache fanno il giro del mondo.
Da ogni angolo arrivano VIP e miliardari aspettandosi una replica della Riviera, invece trovano l’accoglienza italiana. Nel 1920 le riviste di moda e lifestyle raccontano come tra gli ospiti viga la regola per gli uomini di cenare in accappatoio e le donne con il cosiddetto pigiama da spiaggia, che poi è il doposole di oggi. Mabel Howard, editorialista di The Sketch, scrive:
Al luncheon everyone drifts towards La Taverna (il bar dell’hotel, NdA), and, to protect the head from the noonday sun, many wear those fascinating rush hats with fringed edges that children rejoice in over here. Pyjamas are, of course, still de rigueur – in fact, I doubt if anyone would dare to commit the impropriety of wearing a skirt at lunch!
Nel 1909 apre il Des Bains, meno grandioso dell’Excelsior – e vorrei vedere – ma più alla mano, proprio per accogliere i turisti meno abbienti. È qui che Thomas Mann scrive Morte a Venezia, ed è un successone. A ogni autunno il mondo s’interessa alla vita del Lido; chi c’era, cosa indossava, cos’ha fatto e che feste c’erano.
Dopo la Grande guerra le cose migliorano.
C’è voglia di vita e di leggerezza, e centinaia di nobili russi scappano dalla rivoluzione d’ottobre carichi di gioielli a caccia di una nuova vita. Nobiltà russa e francese han sempre camminato a braccetto, quindi la meta esotica – e dov’è meno probabile essere rintracciati – è l’Italia. La Francia che prima ignorava la concorrenza decide di farsi più agguerrita per evitare di diventare “la spiaggia fuori moda”. La Costa Azzurra organizza feste principesche con il meglio dell’alta società.
Affettata, sì, ingessata, ma di un’eleganza e una classe sconfinata.
Nicolò Spada è un grande manager – fonderà la CIGA, dopotutto – e capisce l’aria che tira. Il Lido rischia di diventare il guizzo di un momento, quell’amante da una notte che poi ti lasci indietro per tornare dalla moglie. Serve qualcosa che consacri l’Italia a meta turistica eterna, che colpisca l’immaginario mondiale e crei una storia in cui chiunque vuol partecipare.
Se la Francia fa feste, allora, bisogna trovare il nuovo Vatel.
Dev’essere stata una ricerca difficile, con i mezzi d’informazione dell’epoca. Ma Nicolò è un avido consumatore di film, e in un noir sente un inside joke: il gangster dice che la festa è così riuscita che “Elsa Maxwell non avrebbe saputo fare di meglio”. Chi?
Arrivata al Lido le vengono messi a disposizione una camera al Grand hotel, un telefono e carta e penna. Camerieri e maitre hanno l’ordine di fare qualunque cosa lei dica. Elsa per i primi mesi bazzica le serate, gira per Venezia, frequenta case dell’aristocrazia veneziana. Poi va da Nicolò e lo informa di due cose: la prima è che darà una festa senza precedenti, la seconda che saranno presenti tutte le maggiori star di Hollywood, l’aristocrazia russa e veneziana, svariati milionari – con rispettivo seguito, tutti gli ambasciatori di Venezia e il principe d’Inghilterra.
La festa si chiama Bal au contraire, in cui per la prima volta viene dichiarato che gli uomini si presenteranno vestiti da donne comportandosi secondo il galateo femminile e viceversa.
Persino oggi, un secolo dopo, le foto di una cosa del genere farebbero sensazione.
Nel 1920 la festa non è ancora stata fatta che l’intero pianeta immagina il Lido come una sorta di bordello immerso nel paradiso terrestre, dove tutte le icone sessuali dell’epoca girano nude o travestite. Il tocco di classe è proibire l’accesso a cronisti e giornalisti, normalmente invitati e coccolati. Il mattino dopo è scandalo assoluto su tutti i giornali, specie perché non ci sono dettagli.
Elsa ha solo cominciato.
L’Orient express permette alla creme della società di arrivare a Venezia come fosse un unico, stupendo, continuum. Fa costruire un campo da golf da 10 buche agli Alberoni (grande passione degli americani), organizza gare di Acquariva in laguna con tanto di passaggio nel Canal grande, poi fa il passo successivo e grazie ai suoi contatti con il conte Volpi nel 1927 organizza il primo trofeo Schneider di idrovolanti. Come se tutto questo non bastasse, c’è Venezia a due passi. E se Venezia non basta, c’è il Redentore.
E se non basta quello, c’è il Casinò più vecchio del mondo.
Per chi invece ha desideri particolari ci sono feste notturne vecchie quanto la Serenissima – e presenti tutt’oggi – in cui chiunque può soddisfare le curiosità più strane e i desideri più maliziosi. Nel corso degli anni le hall di Excelsior e Des Bains vedranno passare Frank Sinatra, Clark Gable, Cary Grant, Myrna Loi, Ginger Rogers, Ava Gardner, Ernest Hemingway e molti altri.
Poi arrivarono gli anni ’70 e le contestazioni, la mostra del cinema vedrà i controfestival, studenti e gauche caviar tuoneranno contro la borghesia e le sue roccaforti; l’Orient express smetterà di esistere, la società e il divertimento cambieranno per abbracciare un mondo – e un turismo – molto diverso.