Dossier: la legge e il fine vita

Pubblicato il 19 Aprile 2011 alle 10:20 Autore: Francesca Petrini
fine vita

[ad]Ancora, apparentemente inspiegabile è la disposizione di cui al comma 6 dell’articolo 4 del ddl, dove si afferma che in condizioni di urgenza, o quando il soggetto versi in pericolo di vita immediato, la DAT non si applica: sembra dunque che si introduca una disciplina per renderla poi inefficace proprio allorquando essa dovrebbe, in teoria, tutelare il cittadino nel suo diritto di autodeterminazione terapeutica! Di fondo poi, stando al testo del ddl come finora definito, la DAT non è riconosciuta quale documento vincolante: questo aspetto è talmente macroscopico che è stato pure evidenziato dalla Commissione giustizia all’interno del suo parere favorevole, in cui appunto si sottolinea come non sia scritto da nessuna parte, e tanto meno nell’articolo 4, rubricato “Forma e durata della DAT”, che le disposizioni in essa contenute abbiano valore vincolante. Si noti che si tratta di una segnalazione di grande rilievo e che, sebbene contenuta in una parere approvato dalla maggioranza, il relatore non ha preso in alcun modo in considerazione.

Nonostante si possano riscontrare ancora altri e diversi punti controversi del ddl sul testamento biologico, in attesa dei successivi passaggi parlamentari alla Camera e poi al Senato, opportuno appare augurarsi che su questa materia non si proceda  “a colpi di maggioranza”: così Leopoldo Elia, interrogandosi sull’estensione della “pretesa all’autodeterminazione umana per essere compatibile con la dignità della persona” e sui limiti entro cui “l’uomo ha potere su stesso, sul proprio corpo e sulla propria vita”, ha osservato che “anche il ricorso al principio di maggioranza, che pure è fondamentale nel governo democratico, può rivelarsi insoddisfacente o per lo meno è da usare con grande cautela”. In sostanza, una risposta adeguata a temi bioetici come quello delle DAT spetta al legislatore e non al Governo: si tratta di non operare una rischiosa trasposizione del bipolarismo politico in un corrispondente bipolarismo etico che, per forza di cose, finirebbe per imporre unilateralmente il sacrificio di alcuni valori piuttosto che di altri. Se votazioni parlamentari su queste materie sono necessarie, continua infatti lo stesso Elia, allora “dovrebbero essere slegate dalla disciplina di voto richiesta dai capigruppo: non dimenticando che le leggi vanno fatte per i credenti e per i non credenti e che le leggi facoltizzanti […] sono di norma le più adatte ad una società pluralista e multiculturale”.

 


[1] La definizione è di S. Rodotà, Lo tsunami costituzionale, La Repubblica, 9 febbraio 2009.

[2] Si fa riferimento agli Atti Senato n.10, n. 51, n. 136, n. 285, n. 483, n. 800, n. 281, n. 994, n. 972, n. 1095, n. 1188, n. 1323, n. 1368, n. 1363. La discussione congiunta dei menzionati disegni di legge era cominciata in XII Commissione Sanità al Senato, in sede referente, il 1° ottobre del 2008. Dopo numerose sedute, nel marzo 2009 si è giunti ad una proposta di testo unificato da parte del Relatore in Commissione, Senatore Raffaele Calabrò. Testo disponibile al www.camera.it, (data ultimo accesso 18/01/2011).

Per commentare su questo argomento clicca qui!

L'autore: Francesca Petrini

Dottoranda in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparte, si è laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali ed ha conseguito il titolo di Master di II livello in Istituzioni parlamentari per consulenti d´Assemblea.
Tutti gli articoli di Francesca Petrini →