Referendum 2020: cosa cambia con la vittoria del No per il governo?
Referendum 2020: domenica 20 e lunedì 21 settembre gli italiani sono chiamati a esprimersi sulla legge di modifica della Costituzione passata in Parlamento che riduce sensibilmente il numero di deputati e senatori. L’esito della consultazione popolare avrà delle ripercussioni sul governo?
Referendum 2020: da che parte sta il Partito Democratico?
Referendum 2020: se rispetto alla risposta da dare al quesito relativo al taglio dei parlamentari la posizione del Movimento 5 stelle, maggiore azionista dell’esecutivo, è stata sempre ben chiara, nonostante una quota – che per alcuni sarebbe tutt’altro che trascurabile – di “franchi tiratori”, non si può dire la stessa cosa del Partito Democratico, alleato di governo principale dei pentastellati.
Solo 10 giorni fa, praticamente, il segretario Dem Zingaretti ha orientato il suo partito verso il Sì (anche se non pochi esponenti di spicco si continuano a esporre per il No). Da segnalare, tra l’altro, che la riforma costituzionale ha incassato il voto favorevole dei suoi parlamentari solo all’ultimo passaggio in aula. Secondo le indiscrezioni, in ballo ci sarebbe un accordo con i 5 stelle su una nuova legge elettorale basata su un proporzionale con soglia di sbarramento al 5% e altre riforme costituzionali (per esempio, la modifica della base elettorale per il Senato da regionale a circoscrizionale). Dunque, in caso di vittoria del No, tale accordo andrebbe quantomeno riscritto (forse dovrebbe essere rivisto anche il capitolo relativo all’elezione del prossimo Capo di stato).
Governo a rischio se vince il No?
Referendum 2020: in realtà, se l’asse M5S-Pd può sopportare, ancora una volta, di essere sconfitto alle regionali che si svolgono contestualmente alla consultazione popolare, difficilmente riuscirebbe a uscire indenne dalla vittoria del No. Alle regionali, sostanzialmente, M5S e Pd corrono ciascuno per conto proprio: una scelta che permette di prendere distanza, a livello nazionale, da un’eventuale sconfitta.
Al Referendum, invece, scegliendo di compattarsi per il Si, i partiti di governo non possono fare finta di nulla in caso di vittoria del fronte opposto: in sostanza, un voto in più al No equivale a una bocciatura e pesante, visto che il taglio dei parlamentari è un cavallo di battaglia 5 stelle, dell’intera opera di governo e della stessa alleanza giallorossa. Da considerare poi la ferma presa di posizione a favore del Sì da parte del Presidente del Consiglio Conte: se vincesse il No potrebbe anche essere costretto a dimettersi; un po’ come Matteo Renzi nel 2016: Conte però si è tenuto nettamente lontano dal dibattito incentrato sul quesito referendario.
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