In parecchi, dopo l’articolo su “The social dilemma”, hanno elencato una serie di soluzioni impraticabili (tornare all’Internet del 2000) oppure personali: installo questo plugin, evito di usare questo browser, mi informo solo tramite, non metto like né condivido, etc.
Pur non essendo una persona competente o tecnologica anch’io cerco di tutelarmi chiedendo consigli, informandomi, evitando certe cose. Purtroppo è come andare sotto la pioggia e mettersi un piatto in testa; forse una minuscola parte del cranio rimarrà asciutta, ma il problema è tutto attorno a noi.
Sicuramente fa piacere sentirsi speciali perché non abbiamo pubblicità su Youtube o nei siti che visitiamo, e c’è senz’altro dell’autocompiacimento nel saper riconoscere siti affidabili e informazioni verificabili. Ma nel lungo periodo è irrilevante. Lasciate perdere le pubblicità: i punti critici di cui parla The social dilemma sono manipolazione e disinformazione.
L’intelligenza artificiale non ha coscienza né morale: è stupida. Non è Skynet, è un algoritmo creato allo scopo di profilare una persona nel modo più accurato possibile, così da poterne prevedere i comportamenti, le opinioni e le intenzioni. Una volta capito se una persona è un fagiolo, un mirtillo o un chicco di mais viene infilato nel barile apposito. Poi arrivano i clienti (politici e aziende) che domandano: “Io vendo mangime per cani, mi dai 10,000 animalisti?”; “io vendo notizie di cronaca nera faziose, mi dai 50,000 razzisti?”; “io vendo letteratura woke, mi dai 50,000 di centrosinistra?” e via dicendo.
Perché un estremista è un imbecille alla stregua del fanatico religioso
Crede e difende ciecamente qualsiasi cosa provenga dalla sua setta, odia e combatte qualsiasi cosa sia al di fuori. Non ha spirito critico né ripensamenti: è, insomma, un utente affidabile che garantisce un risultato. Invece una persona sana di mente ha sfumature, contraddizioni, ipocrisie, dubbi, ripensamenti e poche certezze; è poco prevedibile. Non si può vendere, ancora. Per questo le opinioni pacate e moderate non hanno diffusione come le sceriffate da paese: sono materiale di scarto.
Quando l’algoritmo non riesce a capire se un utente è mais o mirtillo sceglie di metterlo nel barile che più gli assomiglia. Una volta lì comincia a manipolarlo nella direzione più facile.
Metti che l’utente risulti al 49% mais e al 51% mirtillo: verrà spinto lentamente, impercettibilmente, verso il mirtillo. Vedrà via via sempre più boschi, gli verranno suggeriti amici mirtilli e belle mirtille che postano storie di montagna, mentre il mais sparirà dalla sua vista finché l’utente si convincerà che al mondo il mais non esiste, e se c’è è velenoso. In base al numero di click, condivisioni, tempo impiegato sulle pagine e parole contenute nei commenti, l’algoritmo calcolerà se l’utente è arrivato a questa convizione; a quel punto lo infila nella cesta perché pronto alla vendita.
I social sono solo aziende di estremizzazione
Sono fatti apposta per trasformare i moderati in fanatici, perché solo quest’ultimi sono vendibili.
E ci riguarda in prima persona nei rapporti interpersonali, familiari, nella qualità della vita, nella professionalità e competenza di chi sta al governo. La formazione politica della società occidentale del 2020 è interamente affidata ad algoritmi di intelligenza artificiale, programmati per estremizzarci e isolarci da chiunque sia diverso da noi. È un meccanismo irreversibile. O mirtilli, o mais, o niente.
Chiunque pensi di essere fuori da questo meccanismo, sbaglia. Chi crede le cose cambieranno in meglio, sogna. Chi teme – o auspica – una guerra globale che ripristini l’ordine e/o il declino della democrazia, vive a Hollywood. L’unica cosa intelligente da fare è anche la più vecchia del mondo: adattarsi per sopravvivere.