Pensioni ultime notizie: Quota 100, sentenza sfavorevole per l’Inps

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Pensioni ultime notizie: Quota 100, sentenza sfavorevole per l’Inps

Pensioni ultime notizie: si torna a parlare di Quota 100, e della spesa pensionistica che dovrebbe essere ridotta. La Corte dei Conti bacchetta l’Inps proprio sulla misura di pensione anticipata che andrà a scadenza naturale il 31 dicembre 2021, ma che non ha certo contribuito a ridurre la spesa pensionistica. Lo stesso ministro dell’Economia Roberto Gualtieri ha confessato di non essere d’accordo con la misura, dichiarando inoltre che, fortunatamente, è costata meno del previsto.

Le parole della Corte dei Conti

“In un sistema pensionistico a ripartizione, in cui la maturazione del diritto a pensione prescinde dal regolare versamento dei contributi nel corso della vita lavorativa, va verificata la sostenibilità della spesa nel lungo periodo e gli effetti che sull’adeguatezza delle prestazioni produrranno le azioni normative poste in essere nel presente”. Queste le parole della Corte dei Conti nella consueta Relazione sulla gestione finanziaria dell’Inps riguardante le previsioni di spesa del triennio. La Corte invita a esaminare anche “le conseguenze di dette azioni sulla sostenibilità del modello da parte del sistema produttivo, sia con riguardo al contributo richiesto alla fiscalità generale, sia nei confronti dei soggetti tenuti al versamento dei contributi”.

Al momento il sistema previdenziale eroga la maggior parte delle pensioni tramite metodo retributivo: in questa direzione misure di pensione anticipata, così come interventi sull’aspettativa di vita, “comportano sia esigenze di cassa immediate, sia debito implicito” perché la componente retributiva non subisce correzioni in seguito all’introduzione delle nuove misure.

Pensioni ultime notizie: gli scenari in corso per il post-Quota 100

Attualmente sono diverse le ipotesi al vaglio del governo. Allo studio c’è una doppia flessibilità in uscita: una è pensata per i lavoratori gravosi (forse potrebbe essere estesa la platea, anche alla luce del Covid), che prevede una uscita a 62-63 anni di età anagrafica e 36-37 anni di età contributiva. Chi decide di uscire prima andrebbe incontro a una penalizzazione non eccessiva, ma potrebbe scegliere ancora l’uscita con l’Ape sociale, che verrebbe potenziate.

L’altra via di uscita corrisponderebbe a 64 anni di età e 37-38 anni di contributi, sebbene i sindacati tratteranno sui 63 anni di età anagrafica. Chi uscirà in questo modo andrà incontro a una penalizzazione importante: da un lato il calcolo con il metodo contributivo anche per gli anni lavorati prima del 1996, normalmente conteggiati con il metodo retributivo, più conveniente; dall’altro la penalizzazione sull’assegno del 2,8-3% per ogni anno di uscita anticipata.

L’altra strada, preferita dai sindacati ma meno percorribile per esigenze di cassa, è Quota 41 per tutti, che però andrebbe a costare 12 miliardi di euro. A meno che non siano introdotte severe penalizzazioni.

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