Risoluzione contratto per morosità: quando è possibile e come funziona

Pubblicato il 25 Settembre 2020 alle 12:09 Autore: Claudio Garau
Risoluzione contratto per morosità: quando è possibile e come funziona

Risoluzione contratto per morosità: quando è possibile e come funziona

Non è la prima volta che ci occupiamo della articolata materia dei contratti di affitto: d’altronde questi ultimi rappresentano una grossa fetta degli accordi stipulati ogni anno tra privati. Non sono pochi infatti coloro che – per motivi di necessità economica – preferiscono pagare mensilmente un canone di locazione, piuttosto che fare in conti con la stipula di un mutuo. Ecco allora che capire come funziona la risoluzione contratto per morosità dell’inquilino diventa interessante ,se si è proprietari di un’abitazione che si vuole affittare o che è già affittata. Vediamo il meccanismo.

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Risoluzione contratto e canone di locazione: il contesto di riferimento

Il contratto di affitto è ampiamente disciplinato dal Codice Civile. Essendo un contratto abbisogna della presenza di due parti, ovvero chi offre il godimento di un bene immobile per un certo lasso di tempo, e chi lo sfrutta pagando un proporzionato corrispettivo. Naturalmente come ogni altra forma di contratto, anche in materia di affitto sono previste delle specifiche regole da rispettare, tra cui quella della registrazione dell’avvenuta locazione.

Il contratto in questione ha come suo elemento essenziale il pagamento del canone di locazione, ovvero l’oggetto di un obbligo fissato dall’accordo di locatore e locatario/inquilino. Non di rado però succede che il proprietario, per i motivi più svariati, non incassi quanto pattuito: ecco allora che si verifica la condizione di morosità dell’inquilino.

In tali circostanze, a volte è sufficiente un dialogo civile tra le persone per trovare un compromesso ed evitare conseguenze; tuttavia, capita con una certa frequenza che il locatore opti per le vie legali, in modo da recuperare il canone con eventuali oneri e interessi accessori.

Ciò che preme ricordare è che la legge sul punto è ben chiara: pretendere il versamento della quota d’affitto è un diritto, versarla è un obbligo.

Quando si verifica la morosità dell’inquilino?

Se ci chiediamo come funziona la risoluzione contratto affitto ad uso abitativo per morosità, non possiamo non sottolineare quando l’inquilino diventa formalmente “moroso” e quindi da quando la sua condotta diventa contestabile da parte del proprietario.

Ebbene, l’inquilino, detto anche conduttore o locatario o affittuario, è moroso a partire dal momento in cui oltrepassa il lasso di tempo contrattualmente stabilito, entro cui versare al proprietario il canone di affitto mensile.

In particolare, la morosità è disciplinata e regolata dalla legge n. 392 del 1978 e più precisamente dall’articolo 5, che dispone che il pagamento mancato della quota di affitto in un tempo massimo di 20 giorni dalla data di normale scadenza prevista come da contratto, genera nel proprietario il diritto di far accertare la morosità del locatario da parte del giudice. In altre parole, un inquilino diventa moroso se non versa la quota di canone mensile entro venti giorni dalla data di scadenza. Ecco dunque che al ricorrere di tale condizione il proprietario ha tutto il diritto di esigere il pagamento tramite le vie legali, facendo dichiarare lo stato di morosità del conduttore. Quest’ultimo stato è causa di risoluzione del contratto e comporta che l’utente debba abbandonare al più presto l’appartamento o il locale affittato. La normativa è precisa dato che spiega anche come il locatario abbia diritto a incassare gli interessi e gli oneri per il mancato e ritardato pagamento del canone.

Non c’è solo il canone come somma da pagare, ma anche gli oneri aggiuntivi, cioè le spese condominiali che sono state definite il giorno della firma del contratto. L’affittuario/inquilino è obbligato a corrisponderle entro 60 giorni dalla data in cui ha ricevuto la richiesta del locatore/proprietario. Tuttavia, se l’importo oltrepassa almeno due mensilità del canone di locazione, potrà aversi un caso di risoluzione contratto, cui si collega la procedura per lo sfratto. Attenzione però alla morosità incolpevole, di cui abbiamo già parlato qui.

Che succede in caso di affitto ad uso commerciale?

Se invece spostiamo l’attenzione verso la risoluzione del contratto di affitto riferito ad un immobile ad uso commerciale (bar, negozio ecc.), non è una specifica legge che rileva, bensì le più generali norme del Codice Civile relative all’inadempimento contrattuale. In buona sostanza, il locatore/proprietario può ricevere giustizia con la risoluzione del contratto, ed agire di fatto contro l’inquilino, se questi non versa il canone e/o le spese accessorie, avendosi di fatto un “inadempimento di non scarsa importanza”, cioè un inadempimento grave. Ce lo dice infatti l’art. 1455 c.c.: “Il contratto non si puo’ risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra“.

E’ chiaro che ogni ogni situazione va vagliata e va capito se presenta i connotati della gravita dell’inadempimento oppure no. Fattori da considerare saranno dunque il numero di anni di affitto, la somma totale da versare, eventuali precedenti analoghi ecc. In queste circostanze, il ruolo del giudice è decisivo, sebbene soltanto parte della giurisprudenza si sia orientata, in questi casi, all’applicazione delle regole dell’affitto ad uso abitativo – viste sopra in sintesi. Altri magistrati hanno infatti dato importanza primaria ad altri fattori, come quelli poco sopra accennati.

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Concludendo, va rimarcato che risoluzione contratto e sfratto per morosità sono esiti cui si può giungere soltanto in caso di contratto di affitto regolarmente registrato, entro 30 giorni dalla data dell’accordo scritto. Ecco dunque che non è possibile applicare quanto sopra visto, in ipotesi di affitto in nero.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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