Come funziona il prestito tra privati: cosa dice la legge
Come funziona il prestito tra privati: cosa dice la legge
Il prestito tra privati è un’attività che trova disciplina nelle norme del Codice Civile. Infatti, accanto ai diffusissimi prestiti ottenuti presso finanziarie o istituti di credito, la legge conosce il prestito, detto anche “mutuo”, tra comuni privati cittadini, vale a dire un creditore che concede la somma di denaro e un debitore che ne è il destinatario e che la deve poi restituire. Vediamo dunque di fare un quadro di insieme del prestito tra privati, soffermandoci su alcuni dettagli pratici degni di nota.
Prestito tra privati: il contesto di riferimento e la forma
Bisogna fare molta attenzione nell’ipotesi ci si voglia avvalere del prestito tra privati: da un lato infatti, sussiste il controllo sullo spostamento di denaro da parte del Fisco, e dall’altro chi presta i soldi dovrebbe sempre poter contare su un debitore ligio ai propri doveri di restituzione di quanto prestato.
Abbiamo detto che sinonimo di prestito tra privati è il termine “mutuo”, ovvero un contratto regolato dall’art. 1813 del Codice Civile: “Il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità“.
Secondo la comune convinzione, stipulare un mutuo significa sempre doversi rivolgere ad una banca, ma non è così. Infatti, anche i privati possono pacificamente sottoscrivere un contratto di questo tipo. Tre però i requisiti o limiti che il prestito tra privati deve rispettare, per essere considerato conforme alla legge:
- il prestito deve rappresentare un’attività compiuta saltuariamente, o comunque non in modo professionale. Infatti, soltanto gli istituti di credito o le finanziarie sono autorizzate ad operare continuativamente in materia di prestiti;
- è necessario che il tasso di interesse – se previsto, giacchè nel contratto di mutuo non è obbligatorio – non oltrepassi la cosiddetta “soglia di usura“, ovvero un valore che è deciso in base a decreto del Ministero dell’Economia, emesso ogni periodo di tempo;
- per quanto riguarda lo strumento di pagamento, la legge dispone che si può versare il denaro in prestito e riconsegnarlo in contanti, esclusivamente in ipotesi di importi al di sotto dei 2.000 euro (dal primo gennaio 2022, la soglia passa a 1.000 euro). Per importi al di sopra è invece obbligatorio usare strumenti tracciabili come bonifici, carte di credito o assegni.
Un altro aspetto essenziale, in tema di prestito tra privati, è rappresentato dalla forma. La legge prevede libertà per le parti, che possono stipulare il mutuo o prestito tra privati sia in forma scritta che oralmente. Il contratto scritto è un dovere soltanto se il prestito viene concesso da banche o finanziarie. Insomma, tra privati vale il principio dell’accordo orale, che comporta il perfezionamento del contratto – in parole povere, la sua “concretizzazione” – con la consegna del denaro. A questo punto, colui che riceve i soldi diventa debitore, ovvero è tenuto a restituire quanto prestato, in base al patto con il creditore che ha prestato la somma, o in mancanza, rispettando la sua richiesta di consegna immediata.
Perchè è preferibile firmare il prestito tra privati? Ecco 3 motivi
Abbiamo appena detto che firmare un contratto di mutuo non è obbligatorio, tuttavia è raccomandabile farlo, per i 3 motivi, che andremo sinteticamente ad esporre:
- anzitutto, un contratto che è stato verbalizzato, firmato dalle parti e munito di data certa – ovvero autenticata da pubblico ufficiale – contribuisce certamente a fare chiarezza e a porre le parti al riparo da eventuali problemi con l’Agenzia delle Entrate, come vedremo tra poco;
- sul piano dei contenuti dell’accordo scritto, per questa via è possibile sgomberare il campo dai dubbi, in tema ad esempio di tasso di interesse o di tempistiche di restituzione del denaro. Va rimarcato che, se le parti non dispongono in maniera diversa, in caso di prestito tra privati valgono sempre gli interessi. Pertanto, il debitore interessato eventualmente a provare che il contratto non prevede tasso di interesse, deve premunirsi e presentare un contratto in forma scritta.
- non meno importante anche il fatto che, in ipotesi di inadempimento da parte del debitore che non riconsegna quanto prestato, il creditore potrà ottenere celermente un decreto ingiuntivo per inadempimento, che potrà di seguito aprire le porte al pignoramento dei beni del debitore: affinchè però il giudice emetta detto decreto, è necessario che sussista una prova scritta del debito, vale a dire il contratto firmato e datato.
In relazione all’ultimo punto, se il creditore non può far valere la prova scritta, non gli resta che avviare una causa ordinaria, molto più lunga e dispendiosa del procedimento per decreto ingiuntivo.
Rapporti tra mutuo e Agenzia delle Entrate
Stipulare un prestito tra privati può avere effetti rilevanti agli occhi del Fisco. Infatti, per legge, gli interessi vanno riportati e tassati nella dichiarazione dei redditi e l’Agenzia delle Entrate è autorizzata a presumere che il mutuo sia a titolo oneroso, vale a dire caratterizzato dalla presenza di un tasso di interesse a favore del creditore. Ecco dunque che chi presta il denaro, potrebbe essere il destinatario di un accertamento fiscale. Peraltro, in assenza di prove scritte del prestito tra privati, il Fisco potrebbe inoltre far scattare la presunzione per la quale i bonifici ricevuti dal mutuante sul proprio c/c siano in verità pagamenti di prestazioni lavorative o comunque produttive di reddito e pertanto imponibili e tassabili. In buona sostanza, ecco perchè è meglio accordarsi in forma scritta, onde evitare che l’Agenzia delle Entrate chieda il versamento di tasse, applicando anche le sanzioni per evasione. Un contratto scritto, e munito di data certa, autenticata e dunque inoppugnabile, pone infatti creditore e debitore al riparo da eventuali pretese del Fisco.
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