Intercettazioni telefoniche e autorizzazione: quando ci vuole

Pubblicato il 30 Settembre 2020 alle 13:21 Autore: Claudio Garau
Intercettazioni telefoniche e autorizzazione: quando ci vuole

Intercettazioni telefoniche e autorizzazione: quando ci vuole

Qui di seguito vogliamo fare chiarezza su una questione pratica, che ha rilievo per il diritto: è possibile registrare liberamente una conversazione o una telefonata con una certa persona, in modo da conservare prova di un reato collegato a quanto detto dalla persona stessa? Ebbene, la legge e la giurisprudenza della Cassazione danno risposte precise a questa domanda sulle intercettazioni telefoniche, vediamole.

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Intercettazioni telefoniche dei privati e limiti

Come appena accennato, le intercettazioni telefoniche a volte possono essere determinanti, se non decisive, per vedere riconosciute le proprie ragioni in tribunale, costituendo esse prove pienamente valide su cui fondare una denuncia, ad esempio per truffa o peculato. Ma un privato può intercettare liberamente quanto detto dal conoscente, amico o altro privato cittadino durante una discussione al bar, per strada o al telefono? Ebbene, la risposta da darsi è positiva. Non serve cioè alcuna intermediazione delle forze dell’ordine o della magistratura, ad autorizzare alle intercettazioni telefoniche. E non serve, ovviamente, neanche informare la persona con cui si intrattiene la conversazione, del fatto che quanto detto verrà salvato su un file e utilizzato all’occorrenza.

In verità, in queste circostanze, non parliamo però di intercettazioni telefoniche vere e proprie, bensì di “comunicazioni telefoniche/ambientali“, che sussistono ad esempio quando viene registrata una lite con il vicino di casa oppure con un collega di lavoro.

Ma a questa generale libertà dei privati cittadini di compiere intercettazioni telefoniche – anche se sarebbe più corretto chiamarle come detto poco sopra – sono imposti dei limiti:

  • alla conversazione, e quindi alle intercettazioni telefoniche, deve essere presente il soggetto che avvia la registrazione, e per tutta la durata della stessa deve permanere nella conversazione. In base a quanto chiarito dalla giurisprudenza, colui che registra non deve per forza parlare ed intervenire, ma anche può restare in silenzio. Ciò che conta è che sia visivamente presente agli altri partecipanti alla discussione;
  • la registrazione non può avvenire nell‘abitazione di colui che è registrato o comunque entro luoghi privati, a lui riconducibili (come ad esempio lo studio professionale);
  • il file in cui sono inserite le intercettazioni telefoniche deve restare coperto da segreto e non può essere dunque divulgato o esposto verso terzi. Neanche può essere pubblicato su internet, nella pagina del proprio account per esempio. Infatti, l’uso del file è legale soltanto se avviene per scopi di giustizia, ovvero per produrre la prova sulla quale sarà possibile fondare la denuncia, la querela ed anche la sentenza di condanna del giudice.

Le intercettazioni da parte della polizia giudiziaria: come funzionano

Analoghe conclusioni non possono trarsi se le intercettazioni telefoniche sono svolte dalle forze dell’ordine, su input del PM. Infatti, in tali circostanze, è necessario il previo provvedimento di autorizzazione alle intercettazioni telefoniche da parte del giudice per le indagini preliminari (GIP).

In ipotesi di intercettazione svolte dalle forze dell’ordine, gli articoli 266 e ss. del Codice di procedura penale pongono una serie di limiti di ammissibilità. In particolare, tali intercettazioni possono essere effettuate esclusivamente per casi tassativi e determinati reati – segnalati dall’articolo 266 appena citato, come ad es. i reati di ingiuria o usura o i reati inerenti il contrabbando. E va inoltre redatto un verbale delle di quanto messo in atto.

Se ti interessa saperne di più su questo tema, leggi anche quando è legale la registrazione telefonata e chi può usare i nastri.

Tuttavia, una sentenza di quest’anno, emessa dalla Corte di Cassazione, ci indica come non sempre è necessario rispettare il citato meccanismo per aversi delle intercettazioni telefoniche legali. Infatti, secondo la Suprema Corte, in alcune circostanze le intercettazioni operate dalle forze dell’ordine non abbisognano di autorizzazione giudiziaria. Quando?

Ebbene, in tutti i casi in cui le intercettazioni scattano con la collaborazione della vittima dell’illecito, o per meglio dire con il suo “contributo diretto”, ma pur sempre in coordinamento con la polizia giudiziaria. In buona sostanza, si tratta dei casi di intercettazioni “ibride”, nelle quali però il privato non sia stato spinto a registrare o a comunicare quanto registrato: le intercettazioni telefoniche debbono cioè essere il frutto di una libera scelta della persona offesa dal reato, ossia l’atto di impulso originario deve provenire dalla vittima, e non dalla polizia.

La persona offesa, però, per dar luogo ad intercettazioni telefoniche senza bisogno di autorizzazione giudiziaria, deve aver previamente avvertito la polizia del fatto che avrebbe di seguito registrato la conversazione. Ecco dunque, in sintesi, i confini delineati recentemente dalla pronuncia della Cassazione, che permettono di non ritenere questa comunicazione una “intercettazione” ai sensi dell’articolo 266 c.p.p. citato. Concludendo, in mancanza di quanto appena detto, la sola soluzione conforme alla legge sarebbe l’osservanza della procedura di autorizzazione da parte del giudice.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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