Reato di plagio attribuito a chi copia all’esame di avvocato: la sentenza
Reato di plagio attribuito a chi copia all’esame di avvocato: la sentenza
Non sempre gli esami scritti per diventare avvocati, si svolgono in maniera limpida: non sono infatti infrequenti i casi di chi, magari perchè vittima di un “vuoto di memoria”, oppure perchè impreparato su un certo argomento, o ancora perchè timoroso di non riuscire a superare la prova, cerca e trova soluzioni – non conformi al regolamento – per superare il test scritto. Come ad esempio l’ipotesi del candidato che copia un’intera nota pubblicata su un sito web che si occupa di diritto, articoli di codice e giurisprudenza. Anch’essa integra il reato di plagio, come stabilito da un Tribunale proprio quest’anno. Vediamo più nel dettaglio.
Il Tribunale di Nocera Inferiore con la sentenza n. 195 del 2020 ha infatti sancito che sussiste il reato di plagio letterario per un praticante avvocato che – nel corso dell’esame 2015 per l’abilitazione all’esercizio della professione forense – copiò ben 6 pagine su 11 del proprio elaborato da un sito internet. Oggetto di copiatura fu una nota all’art 40 c.p., relativo al nesso di causalità. Non una semplice violazione del regolamento, bensì dunque un vero e proprio illecito penale, integrato dal candidato che, evidentemente non sicuro delle propria preparazione e non convinto di riuscire a passare la prova, decise di superare l’ostacolo rappresentato dalla redazione del parere all’esame di abilitazione per la professione forense, servendosi dell’aiuto.. di un dispositivo informatico e di una pagina web.
Normativa di riferimento, per giungere alla decisione di attribuire il reato di plagio al candidato scorretto è stata rappresentata dall’art. 1 della legge n. 475 del 1925, che è una ipotesi speciale rispetto alla previsione generale di cui all’art. 479 Codice Penale sulla falsità ideologica. Tale articolo dispone che “Chiunque in esami o concorsi, prescritti o richiesti da autorità o pubbliche Amministrazioni per il conferimento di lauree o di ogni altro grado o titolo scolastico o accademico, per l’abilitazione all’insegnamento od all’esercizio di una professione, per il rilascio di diplomi o patenti, presenta, come propri, dissertazioni, studi, pubblicazioni, progetti tecnici e, in genere, lavori che siano opera di altri, e’ punito con la reclusione da tre mesi ad un anno. La pena della reclusione non può essere inferiore a sei mesi qualora l’intento sia conseguito“.
Non soltanto la citata legge ha consentito al Tribunale di addivenire alla decisione di condanna per reato di plagio letterario: infatti, nel corso del procedimento il giudice ha ottenuto di esaminare l’elaborato oggetto di contestazione, ma anche il verbale della Commissione esaminatrice e la pagina internet su cui compare la nota ampiamente copiata dal candidato-imputato, poi di seguito condannato. In questo contesto, il reato di plagio rileva nella finalità di tutelare l’originalità di una prova scritta che, nella sua interezza, deve far emergere l’effettivo, reale ed oggettivo grado di preparazione del candidato. Nel caso affrontato dal Tribunale, invece, l’intento di quest’ultimo era fraudolento e ha aveva dato luogo ad ampia riproduzione pedissequa di un testo altrui.
E’ stato proprio il confronto tra quanto scritto – o meglio, copiato dal candidato – e quanto pubblicato sul sito web, a far propendere per la condanna per il reato di plagio. Infatti, l’imputato, senza alcun sforzo intellettualmente degno di nota e comunque senza alcun esercizio di ragionamento, si è semplicemente limitato a copiare pedissequamente quanto inserito nel sito web, tanto da produrre un elaborato che nella sua forma finale, appariva frutto di plagio per più della metà del suo contenuto.
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