Separazioni e crisi matrimoniale: ecco quanto costa porre fine al legame
Specialmente negli ultimi mesi, i dati relativi alle separazioni ed ai divorzi, hanno subito una brusca impennata, anche e soprattutto a causa della convivenza “forzata” in casa, per il lockdown dovuto alla pandemia. In verità, già da diversi anni ormai l’istituto del matrimonio si ritrova ad essere in una crisi profonda: da un lato, sempre meno coppie si sposano e se decidono di farlo, lo fanno in età più avanzata; dall’altro lato, invece, sempre più coppie unite dal vincolo matrimoniale optano per porre fine al legame, attraverso separazioni e divorzi. Ma, di fatto, quanto costa – all’incirca – in Italia separarsi? Cerchiamo di seguito di dare una risposta in via generale, consci del fatto che uno dei dubbi o questioni più delicate per chi intende lasciare il coniuge, è correlato proprio al fattore “economico”.
Separazioni: il contesto di riferimento
Per capire quanto può effettivamente costare dirsi addio, occorre considerare se la decisione di porre fine al legame avviene con l’accordo dei coniugi, oppure in via giudiziale. E’ importante chiarire questo aspetto, poichè se marito e moglie intendono prendere strade diverse, è meglio che decidano di comune accordo questioni come il mantenimento e l’affidamento della prole: infatti, in queste circostanze – come vedremo più avanti – dovranno fronteggiare costi minori e tempistiche un po’ più brevi.
Le separazioni consistono di fatto in rimedi alla crisi matrimoniale, con cui i coniugi cessano di vivere sotto lo stesso tetto, pur restando formalmente marito e moglie. In particolare, le persone separate non sono tenute al rispetto di alcuni obblighi nascenti dal matrimonio, come quello di coabitazione o quello di fedeltà.
In tale contesto, le separazioni non comportano la fine del rapporto matrimoniale, bensì ne sospendono gli effetti, non escludendosi dunque una eventuale riconciliazione. Diversamente, a seguito delle separazioni, potranno aversi provvedimenti di divorzio, qualora la rottura del legame si riveli insanabile. Le separazioni, dunque, costituiscono situazioni temporanee, che tuttavia incidono sui diritti e i doveri tipici del matrimonio. In queste circostanze, resta a carico dei coniugi l’obbligo di mantenere, educare e istruire i figli e il dovere di assistenza materiale nei confronti del coniuge economicamente più debole.
La separazioni sono di diverse tipologie. Eccole in sintesi:
- consensuale: sussiste quando i coniugi riescono a trovare un compromesso sulle condizioni di separazione (assegnazione casa coniugale, mantenimento ecc.). Con l’introduzione del D.L. n. 132 del 2014 convertito nella legge n. 162 del 2014, se vi è un punto di incontro, i coniugi possono optare per la negoziazione assistita da un avvocato o compiere una dichiarazione innanzi al sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile. Altrimenti, le parti possono comunque rivolgersi al Tribunale: ma in queste circostanze, occorre che l’accordo sia omologato dal magistrato competente, che verifica, convalida e dichiara efficace l’accordo dei coniugi – se meritevole e rispettoso dei diritti ed interessi dei figli – ma dopo essersi tentata la conciliazione all’udienza di comparizione.
- giudiziale: sussiste laddove le parti domandino l’intervento di un giudice, nel caso non riescano a trovare un comune accordo sulle conseguenze della fine del matrimonio. Viene dunque attivata una causa che termina con una sentenza a seguito dello svolgimento di un iter promosso anche da uno solo dei coniugi (con avvocato), laddove la continuazione della convivenza sia divenuta intollerabile (di solito per ambo i coniugi, ma è sufficiente che sia divenuta tale anche solo per uno) o tale da produrre pregiudizi ai figli;
- di fatto: in quest’ultimo caso, l’interruzione della convivenza coniugale è voluta dalle parti, sulla scorta di un accordo informale degli stessi coniugi. La decisione del rifiuto di uno di proseguire la vita in comune, oppure la scelta di seguire un destino indipendente da quello dell’altro coniuge sono alla base di tale tipo di separazioni. In particolare, la separazione di fatto non comporta comunque conseguenze giuridiche automatiche. Pertanto ciascun coniuge può domandare in qualsiasi momento la ripresa della convivenza sotto lo stesso tetto.
Quanto costa la fine dell’unione?
Come sopra accennato, i costi delle separazioni variano in base al tipo di separazione, giudiziale o consensuale, che abbiamo in sintesi appena visto.
In ipotesi di separazione consensuale, ovvero con accordo dei coniugi, si può fare ricorso congiunto con deposito presso il Tribunale competente, che si pronuncerà, o meno, per l’omologa. Un procedimento senza dubbio meno lungo della separazione giudiziale; quest’ultimo si conclude infatti – come detto – con sentenza: in breve, sarà compito del magistrato decidere ogni aspetto della fase successiva alla rottura del legame.
E’ chiaro che, sulla scorta di quanto appena segnalato, la separazione consensuale, essendo più rapida, comporta costi inferiori: l’onorario per il legale oscillerà tra un minimo di circa 700 euro ad un massimo di circa 3.000 euro. Ma ad esso va pur sommato il costo del contributo unificato – ovvero la tassa per le spese dei procedimenti giudiziari – corrispondente a 43 euro. La spesa, come intuibile, sale non di poco in ipotesi di separazioni giudiziali: gli iter sono più lunghi, articolati e complessi, e pertanto la parcella dell’avvocato sarà di solito molto più costosa – anche oltre i 5.000 euro. In queste circostanze, risulta più alto anche il contributo unificato, la cui spesa è pari a 98 euro. Ecco dunque evidente la convenienza, anche dal punto di vista economico, delle separazioni consensuali rispetto a quelle giudiziali.
SEGUI TERMOMETRO POLITICO SU GOOGLE NEWS
Hai suggerimenti o correzioni da proporre?
Scrivici a redazione@termometropolitico.it