Contributi figurativi: cosa sono e come si ottengono
Il diritto in generale e le norme del diritto del lavoro, in particolare, sono caratterizzati anche da termini, il cui significato potrebbe sfuggire, o potrebbe non essere immediatamente intuibile a molti di coloro che non maneggiano quotidianamente leggi e regolamenti. Tra queste espressioni, vogliamo qui occuparci dei cosiddetti “contributi figurativi“: che cosa sono di preciso? quando e perchè vengono riconosciuti al lavoratore? chi di fatto li versa? Sono tutte domande a cui cercheremo di dare una risposta di seguito, al fine di fare chiarezza su questa espressione tecnica.
Contributi figurativi: qual è il significato esatto?
I contributi figurativi, anche detti accrediti figurativi, costituiscono una vera e propria copertura assicurativa da parte dell’Inps, a tutela del lavoratore nella fase di sospensione del rapporto di lavoro. Infatti, in certi periodi in cui il dipendente non può compiere la ordinaria attività lavorativa, per le più svariate ragioni (ad es. per malattia, per cassa integrazione, maternità ecc.), sul datore di lavoro non grava l’obbligo di pagare i correlati contributi previdenziali.
Come già spiegato diffusamente in un precedente articolo, l’azienda è, infatti, nei confronti del lavoratore, sostituto d’imposta e pertanto è tenuta a trattenere dalla retribuzione lorda spettante al dipendente le somme che il dipendente dovrebbe versare allo Stato ed all’Inps per il pagamento delle tasse e dei contributi di previdenza.
In queste circostanze, il lavoratore non si reca sul luogo di lavoro e non compie quindi le mansioni previste in contratto; conseguentemente, il datore di lavoro non è altresì obbligato a pagare la retribuzione. Ma appunto, le norme del diritto del lavoro tutelano il lavoratore – anche in questa fase di assenza giustificata – attraverso la previsione del versamento di una indennità e della copertura assicurativa delle assenze dal lavoro, che si concretizza con il versamento di questi contributi. Per completezza, ricordiamo che se è vero che i contributi figurativi sono generalmente previsti per i lavoratori subordinati, è altrettanto vero che talvolta, ed in specifiche ipotesi, questa garanzia vale anche a favore dei lavoratori parasubordinati e degli autonomi.
La finalità degli accrediti
Ecco dunque che appare piuttosto chiaro lo scopo dei contributi figurativi: con essi, è garantita comunque ai dipendenti la copertura assicurativa e il diritto alla pensione, in specifiche ipotesi ritenuti meritevoli di tutela. Le norme del diritto del lavoro ammettono dunque l’accreditamento sul conto assicurativo dei lavoratori iscritti presso l’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti (AGO) dei citati contributi.
I periodi in questione, pur essendo privi di contribuzione obbligatoria o versata ad altro titolo, sono quindi garantiti anche e soprattutto dal lato pensionistico e i contributi figurativi sono considerati, nella generalità dei casi, utili per due distinte finalità:
- ottenimento del diritto alla pensione;
- calcolo della misura della pensione, ovvero dell’assegno pensionistico.
Rimarchiamo altresì che i contributi figurativi sono sempre versati per i lassi di tempo nei quali il dipendente (o il lavoratore autonomo) non ha lavorato, ma ha tuttavia intascato un’indennità a carico della gestione di previdenza a cui è iscritto o ha comunque ottenuto retribuzioni di minore portata.
Per completezza, non possiamo inoltre dimenticare che il diritto al versamento dei contributi figurativi può sorgere anche dopo la fine del rapporto di lavoro. Un caso tipico è quello legato ai periodi di disoccupazione indennizzata.
Per legge, i contributi in oggetto non sono accreditati se il periodo è già coperto da altra tipologia di contribuzione, a meno che non si tratti di ipotesi in cui sono utilizzati ad “integrare” un periodo in cui il lavoratore percepisce uno stipendio ridotto.
Chi paga questi contributi?
A questo punto, la domanda potrà sorgere spontanea: chi è il soggetto tenuto a versare i contributi figurativi? Ebbene, detti contributi previdenziali non sono pagati nè dal datore di lavoro, nè dal lavoratore, ma sono versati di regola dall’Inps, giacchè sono di fatto a carico della gestione previdenziale di riferimento.
Le norme in materia prevedono sia casi in cui detti contributi sono versati d’ufficio dall’Istituto di previdenza sociale, senza bisogno di domanda dell’interessato, sia casi in cui la domanda è invece obbligatoria. Su questo punto, ricordiamo che è proprio l’Inps, sul suo sito web, a chiarire quando l’accredito è a domanda o è d’ufficio.
Dovrebbe essere ormai piuttosto chiaro che i contributi figurativi sono detti così perchè costituiscono una sorta di “copertura fittizia”, pur in assenza di prestazione lavorativa ed in assenza del versamento da parte di coloro che hanno sottoscritto il contratto individuale di lavoro (azienda e lavoratore). D’altronde i citati contributi sono una tutela che spetta a favore di chi ha dovuto subire una interruzione o una riduzione dell’attività lavorativa e di conseguenza non ha potuto contare sul versamento dei contributi obbligatori.
Concludendo, ricordiamo ancora che i contributi figurativi non comportano alcun tipo di costo per l’assicurato. Pertanto, è opportuno notare che sono per natura diversi dai cd. “contributi volontari” e dai cd. “contributi da riscatto” (come ad. es. quelli per i periodi del corso legale di laurea), che sono invece versati dal lavoratore.
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