Ecco come farsi regalare un castello al proprio matrimonio
Basta tradire e far torturare a morte la tua famiglia. Ah, il medioevo, che periodo affascinante e istruttivo.
Siamo in piena pianura padana, nei primi anni del 1400. Il figlio di Lodovico il Moro è Francesco Sforza. Ha vent’anni, è ricco e si dedica ai piaceri senza tempo della vita; le donne, la caccia e gli abiti costosi. Un giorno, assieme a servi e amici, parte per una battuta di caccia. Trovano un bosco particolarmente fitto in cui si dice vaghino le prede più difficili e intelligenti.
Dall’alba al tramonto non vedono ombra di selvaggina, finché Francesco intravede un cervo stupendo. Esaltato dalla preda e ansioso di tornare a casa, parte al galoppo per impiombarlo. Chi pratica la caccia o la pesca subacquea sa quanto inseguire una preda sia un’esperienza totalizzante. Quando Francesco capisce di avere perso il cervo ormai è buio e lui non ha idea né di dove si trova, né di dove siano i suoi amici.
Inizia a preoccuparsi, perché i boschi di notte non sono un posto sicuro, specialmente nel 1500.
Vaga a caso finché sente odore di legna bruciata, e quando ormai è buio trova una capanna malandata col tetto di paglia. Fuori ci sono un anziano, una ragazza giovane e la figlia di cinque anni. Saluta, lega il cavallo a un cespuglio e chiede ospitalità. Spiega il suo problema evitando di svelare la propria identità; l’anziano e la donna lo accettano per le vesti pulite e lussuose, ma la bimba ha l’occhio lungo e nota la collana d’oro al collo di Francesco. Non appena entra in casa, lei lo prende in disparte e comincia a gironzolargli attorno come fanno tutti i bambini.
Scende la notte. Servi e amici lo cercano senza sosta, chiamandolo a voce e con i corni, ma senza avere risposta. Il bosco di notte è pericoloso e rischiano di azzoppare i cavalli, ma non si può tornare indietro senza Francesco Sforza. Accendono delle torce e continuano a cercarlo.
Nella capanna, mentre i tre cenano, dal bosco esce il marito e padre della bambina, tale Malacarne. Era stato anche lui a caccia. Anche lui nota la catena d’oro dell’ospite, così prende in disparte la consorte, il vecchio e la figlia, spiegando il piano: lo assassineranno per appropriarsene. Basterà seppellire il corpo nel bosco e sembrerà scomparso nell’incidente di caccia. Purtroppo Francesco è sano, robusto e ben nutrito; Malacarne sospetta un uomo non basti, nemmeno se aiutato dalla moglie e da un vecchio.
Decide di andare a recuperare tre amici poco lontano
La bambina, nel frattempo, è tornata da Francesco, attratta dalla collana d’oro. È ancora più gentile e affettuosa. Lui la prende in braccio e lei gli tocca la collana. Finalmente Francesco ha capito il punto, e le dice che se le piace, lui glie la regala. La bambina risponde, candidamente, che vorrebbe almeno tenerla per un po’, dato che a breve lo uccideranno e la catena se la terranno gli adulti. Sforza non si scompone; le mette la catena al collo e lei corre a giocarci a letto, dove dopo poco si addormenta mentre lui si barrica dentro mettendo davanti alle finestre e alla porta qualsiasi mobile trova. Poi da sotto le vesti estrae un tesoro che solo il figlio di Lodovico poteva possedere all’epoca: un ribaldequin a cinque canne in miniatura.
Poi aspetta, ma non per molto.
Malacarne arriva con tre energumeni, la moglie e il padre. Bussa alla porta ma non ottiene risposta. All’interno, Francesco spia da un pertugio e vede gli avversari armati di asce e spade. C’infila la pistola e spara il primo colpo; prende in pieno petto uno sgherro che muore sul colpo. L’assassino non si perde d’animo e cerca di sfasciare la porta, aiutato dagli altri due che stanno al riparo. Francesco spara ancora, stavolta riuscendo solo a ferire al braccio uno degli assalitori. Le cose non sembrano mettersi al meglio, quando dalla foresta escono gli amici e i servi di Francesco, richiamati dagli spari e dal baccano.
Malacarne gli chiede aiuto, spiegando che l’uomo asserragliato dentro casa aveva tentato di stuprargli la moglie e derubarlo. Indignati, gli uomini fanno per aiutarlo, quando un servo riconosce il cavallo del padrone legato al cespuglio. Lo chiama per nome, e dall’interno della casa Francesco risponde. Rompe la barricata ed esce, poi distribuisce una lezione di diritto medioevale: fa legare marito, moglie, padre e amici affinché siano condotti a Milano, dove vengono torturati con tenaglie arroventate per una settimana, poi spogliati e a fatti squartare tra quattro cavalli.
La bambina che l’aveva avvertito del pericolo viene data alla duchessa Sforza perché la cresca e le dia un’istruzione. Lei arriva all’età da marito e sposa un cavaliere. Nonostante sia cresciuta ormai distante da Federico Sforza, il giorno delle nozze Francesco le regala il castello di Binasco.
Fonti:
Le piacevoli notti, 9° notte, favola III
Il Novelliere, tomo I, pg. 708