Quando nel 2009 i turchi fecero il GF sequestrando 9 ragazzine
Forse dei criminali, forse degli avanguardisti, forse entrambe le cose. Una red room vera di cui esiste testimonianza, anche se per fortuna in versione soft.
Siamo nel magico 2009, la pandemia non esiste, i reality sono considerati il futuro dell’intrattenimento e il mondo è infestato di gente disposta a tutto per partecipare. Anche Internet è un mondo diverso; Facebook è appena nato, Twitter, Instagram e Pinterest non esistono, e non esistono nemmeno siti con materiale hard facilmente fruibile.
Mentre le persone normali cercano d’arrangiarsi come possono, in Turchia alcuni fini pensatori già vivono nel 2030. Su riviste, siti e giornali vengono pubblicizzati i primi casting per il GF turco, che si svolgerà in una splendida – e isolata – villa con piscina. Il premio in palio è una bella cifra, se non fosse che dietro non c’è una casa di produzione: ci sono tre amigos benestanti.
Vengono inondati di richieste, loro scartano tutti gli uomini e scelgono solo le ragazze più giovani e carine, tra cui una minorenne; non si capisce se di 15 o 16 anni. Fatte le selezioni, le ragazze vengono condotte in una villa farcita di telecamere e microcamere, gli viene fatto firmare un contratto in cui si impegnano a restare lì dentro per nove mesi, ma soprattutto a pagare una penale di 20,000 euro se escono prima di due.
Le ragazze, esaltatissime, accettano
Rimarranno lì dentro il tempo necessario per vincere, e sono supportate dalle loro famiglie. La prima stranezza è che una volta dentro non vengono trasmesse in televisione, ma solo via web. Badate, siamo nel 2009 a Istanbul: per avere un servizio streaming decente bisogna essere estremamente benestanti. Difatti il pubblico è felice e pagante. Possono andare sul sito apposito e votare la preferita, possono – vengono addirittura esortati – a comprare regali per le loro preferite; biancheria intima, fiori, cioccolatini. Per la prima settimana le cose vanno bene, le ragazze ridono, scherzano, fanno il bagno e appaiono in bikini.
Dopo due settimane emerge un problema: la noia.
Nove ormoni femminili ventenni, prive di ormoni maschili a bilanciare, si annoiano come disperate e invece di dare vita ad ammucchiate omosessuali come gli spettatori chiedono e auspicano, iniziano a litigare tra loro. Per convincerle a replicare la scena di Requiem for a dream, i produttori le puniscono trasformando i regali da reali a virtuali. Al culmine di un litigio, due ragazze esasperate vanno alla porta annunciando di volersene andare.
Trovano due guardie che la ributtano dentro a forza.
Confuse, si dichiarano disposte a pagare la penale, ma non hanno alcuna risposta. Il sito Internet sta facendo cifre da capogiro grazie a loro, con le fotocamere ad alta risoluzione le fotografano quando sono nude e le vendono a cifre gigantesche agli ammiratori. Non ci pensano neanche a liberarle, e all’interno della casa non hanno potuto portare cellulari o PC. Sono fregate. A casa le famiglie non le sentono più, e dopo qualche tentennamento vanno dalla polizia. Questa indaga, scopre che la produzione è fasulla e si reca a fare un sopralluogo nella villa.
Dall’interno sente le ragazze urlare disperate, così fanno irruzione e le liberano.
Dietro le telecamere non c’era più nessuno. Trovano monitor, strumenti di editing, una nota che dice “nessuno deve pettinarle, truccarle o prendere vestiti senza permesso”. I turchi non renderanno mai noti i nomi di chi ha organizzato tutto, e il vertice della piramide che vendeva le foto online non verrà mai trovato. La cosa incredibile è che in 10 anni a nessuno è venuto in mente di fare un film horror su questa storia.