Parte 1/2: un eroe italiano di cui nessuno ha mai sentito parlare

La cosa straordinaria è che abbiamo addirittura i dialoghi dell’impresa di Ferraris. Ricostruire il resto è una bella sfida, ma si può fare.

Di Emilio Ferraris non è rimasta traccia, nei libri di Storia o nelle cronache militari. È citato in tre rapporti inviati da Cosma Manera al Comando dei RR.CC a Roma. Se non fosse per il tenente Bazzani e per una fotografia scattata controvoglia nel 1914, Ferraris sarebbe scomparso nel nulla. A nessuna parte politica interessava che il capitolo di Cosma Manera venisse pubblicizzato; terrorizzava la sinistra perché ispirava patriottismo e ricordava la Fiume di D’Annunzio, e terrorizzava la destra perché… bè, perché Mussolini lo detestava.

Siamo nel 1914

Emiliano Ferraris ha a malapena vent’anni, è sposato con una ragazza russa e insegna italiano all’università di Mosca. Allo scoppio della Grande guerra, molla la cattedra e corre in Italia per arruolarsi volontario. Lo mandano in Cadore, dove viene messo al comando di una pattuglia di Arditi, cioè pazzi furiosi.

In Cadore nello stesso periodo c’è un giovane Cosma Manera, che dopo essere uscito dall’Accademia militare e aver svolto un paio di missioni in Grecia aveva chiesto di entrare nei Carabinieri. L’Arma aveva acconsentito perché Cosma parlava già sei lingue. Al fronte Cosma si occupa delle comunicazioni ed Emilio delle ricognizioni dietro le linee nemiche. È possibile si conoscano lì e facciano amicizia.

La fine dell’Occidente e il punto più basso dell’umanità cominciano così.

Nel 1916 Cosma va in Russia, e dopo aver attraversato l’inferno pur di salvare 20,000 ragazzini non-ancora-ma-quasi-italiani a Kirsanov nel 1917, decide che il piano segreto per il quale Roma l’aveva mandato lì era una porcata; si ribella. Roma è terrorizzata e manda il colonnello Fassini-Camossi a sostituirlo, purtroppo gli irredenti rifiutano qualsiasi leader non sia lui.

Cosma torna e ha bisogno di uomini fidati, così recupera Ferraris. Per salvare le apparenze, Fassini Camossi va alla guerra in Siberia. Gli irredenti vengono divisi in battaglioni neri e battaglioni rossi; entrambi giurano fedeltà al tricolore (assieme a una soldatessa russa sul tetto davanti a due Carabinieri e l’ufficiale), poi si dividono. I battaglioni neri vanno a combattere in Siberia.

Se ve lo state chiedendo: sì, tutto questo è successo davvero

E sto raccontando la parte noiosa. Ometto il mago cinese, la festa della luna, il tesoro dello zar e un aeroplano che decolla da un vagone merci sulla transiberiana, in mezzo a una sparatoria coi cosacchi.

Comunque, Ferraris gestisce i battaglioni neri, che supportano le truppe bianche di Kolchak e di fatto collaborano con il generale Romerov (o Romeroff, le fonti si distorcono). Romerov è un pazzo sanguinario. Invade villaggi in Siberia che ospitano o sono sospettati di aiutare i bolscevichi e compie orrori tanto abominevoli da essere omessi in quasi tutte le cronache dell’epoca. Ferraris e i suoi 12 uomini, chiamati “i leoni della taiga”, a un certo punto si ribellano alle mostruosità di Romerov e lo fermano durante una delle tante esecuzioni sommarie, poi disertano e tornano a Tien Tsin.

Romerov morirà pochi mesi dopo per cause naturali, mentre ospita nel suo accampamento una ragazza. Arrivava da Vladivostok e “sembrava cinese”.

Il 31 dicembre del 1919 le cose, per noi, si sono sistemate al meglio

I giapponesi hanno inspiegabilmente scelto di donare a noi tre piroscafi destinati agli americani per rimpatriare i ragazzini. Lo zar Nicola II e la sua famiglia sono stati giustiziati assieme agli aristocratici. A Tien Tsin e a Vladivostok restano pochissimi italiani, perlopiù ufficiali e diplomatici, e qui arriva il problema: la Russia non tornerà com’era prima. I bolscevichi vinceranno.

La steppa è un oceano di anarchia, guerre civili e faide, in cui molti ufficiali dello zar sono impazziti e si sono trasformati in signori della guerra, e interi paesi fanno esecuzioni sommarie in nome del bolscevismo. Emilio Ferraris ha svolto il suo lavoro al meglio, di fianco a Cosma, così gli chiede un favore.

Recuperare sua moglie, che è rimasta a Mosca

La missione Ferraris viene raccontata da lui stesso solo e unicamente nelle pagine del diario di Bazzani. Non esistono altre fonti su di lui, anche se la sua esistenza è stata acclarata dai registri dell’università di Lomonosov, a Mosca. È una storia di eroismo, amore, coraggio e pazzia, di uno dei tanti, troppi, italiani eroi che i libri di Storia cercano di cancellare. Ve la racconto domani.

Tanto non rischiate di spoilerarvela in Internet.

L’unica foto conosciuta di Emilio Ferraris, a destra.