Partita Iva chiusa e dichiarazione compensi: come fare il modello redditi
Partita Iva chiusa e dichiarazione compensi: come fare il modello redditi
Talvolta lavoratori autonomi e professionisti decidono di interrompere e concludere la propria attività lavorativa a partita Iva: un nuovo contratto di lavoro subordinato o un improvviso problema di salute, o ancora la decisione di trasferirsi in un paese lontano possono costituire valide ragioni della chiusura partita Iva. Tuttavia, occorre prestare attenzione ad un punto essenziale, che potrebbe causare qualche grattacapo: infatti, può ben darsi che l’ex-professionista o lavoratore autonomo percepisca compensi per l’attività terminata, ma dopo l’effettiva chiusura della partita Iva. Ma la legge, e la stessa logica, impongono che la dichiarazione di cessata attività, da presentare all’Amministrazione Finanziaria, deve essere fatta a seguito dell’incasso di tutti i compensi legati all’attività per cui era stata aperta la partita Iva. Quindi, come dichiarare i compensi incassati, ma a p. Iva ormai chiusa? Insomma, come comportarsi? Vediamolo di seguito.
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Partita Iva e adempimenti da ricordare per la chiusura
E’ chiaro che anche nei casi in cui clienti e committenti paghino quanto dovuto al professionista o lavoratore autonomo dopo molto tempo, quest’ultimo resta tenuto a svolgere gli adempimenti fiscali che facciano emergere detti compensi agli occhi dell’Agenzia delle Entrate.
In via generale, dobbiamo ricordare che, al fine di chiudere una p. Iva, occorre distinguere tra iter previsto per le persone fisiche e iter per soggetti diversi, come ad es. le società e le associazioni:
- per i primi, ossia per lavoratori autonomi, artigiani, liberi professionisti e imprese individuali, vale l’obbligo di presentazione del modello cosiddetto AA9/12, presso l’ufficio dell’Agenzia delle Entrate;
- per i secondi, ossia associazioni, società ed enti vari, vale l’obbligo di presentazione all’Amministrazione Finanziaria, del modello AA7/10. Ma, in queste circostanze, se sussiste anche iscrizione al Registro delle Imprese, in ragione dell’attività esercitata, sarà necessario servirsi della comunicazione unica.
Dette dichiarazioni vanno presentate dall’interessato alla chiusura della partita Iva, entro 30 giorni dalla cessazione dell’attività di cui si tratta. Ricordiamo altresì che i redditi per i quali va aperta la partita Iva sono denominati – in base al D.P.R. n. 917 del 1986 ovvero il Testo Unico delle imposte sui redditi – “redditi da lavoro autonomo”, ed in quanto tali derivano “dall’esercizio di arti e professioni”. In questa categoria di attività vanno incluse tutte le arti e professioni con carattere di abitualità e continuità nel corso del tempo. Ecco perchè il legislatore esclude il lavoro autonomo occasionale dall’applicazione delle norme fiscali su apertura, gestione e chiusura della partita Iva.
Compensi percepiti dopo la chiusura: come comportarsi?
Come anticipato all’inizio, i compensi percepiti per le prestazioni di lavoro autonomo in regime di partita Iva vanno pur sottoposti alla lente del Fisco: debbono cioè emergere, anche se si tratta di emolumenti incassati mesi, se non anni dopo la prestazione che li ha determinati. Ebbene, se il contribuente, alla data nella quale incassa un certo compenso, non ha più la partita Iva perchè l’ha chiusa e lo ha fatto secondo le modalità sopra accennate, per l’Agenzia delle Entrate non è comunque più considerabile un lavoratore autonomo abituale.
Ma l’Amministrazione Finanziaria ha anche chiarito come un contribuente deve comportarsi in ipotesi di incasso compensi dopo la cessazione dell’attività autonoma, ovvero come indicare questi compensi, percepiti a posteriori, in dichiarazione redditi. Lo ha fatto con una recente risposta ad una istanza di interpello.
In base a quanto indicato, per il Fisco i compensi citati – al fine di essere regolarmente indicati dal punto di vista fiscale – vanno dichiarati tra i “redditi diversi” e il loro importo andrà indicato nel quadro RL, rigo RL 15, del modello Redditi Persone Fisiche 2020. La logica d’altronde impone detta conclusione: infatti, essendo intervenuta la chiusura partita Iva, non sarebbe giuridicamente corretto immettere detti dati nel quadro LM del modello in questione, riferito infatti ai redditi di lavoro autonomo per i quali il contribuente ha perso il requisito soggettivo, avendo chiuso la p. Iva. E ciò vale indipendentemente dal fatto che il Cu li riporti come redditi di lavoro autonomo.
L’Agenzia delle Entrate ha peraltro ricordato che il contribuente, da cui la risposta alla sua istanza di interpello, esercitava all’epoca l’attività in regime dei minimi, e avrebbe dunque potuto scegliere di individuare il reddito legato all’ultimo anno di attività “tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria”, come già segnalato nella circolare n. 17 del 2012, inerente il regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e per i lavoratori in mobilità. In buona sostanza, si tratta della opzione di immettere nella determinazione dei redditi dell’ultimo anno di attività, quindi pre-chiusura partita Iva, anche quelli non incassati in concreto, ma ancora da incassare. E tale essenziale dettaglio vale indipendentemente dal tipo di attività (professionale o d’impresa) svolta, giacchè i soggetti che si avvalgono di tali regimi agevolati individuano in ogni caso il reddito in base al criterio di cassa. Detta facoltà è oggi pacificamente ammessa anche per coloro che si avvalgono del regime forfettario.
Concludendo, si è trattato insomma di una facoltà di cui colui che ha fatto istanza di interpello (all’epoca un fruitore del regime dei minimi), non si è avvalso: da qui, la risposta dell’Agenzia in tema di chiusura di partita Iva e obblighi di dichiarazione dei compensi, secondo le indicazioni riportate sopra.
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