Pausa pranzo a lavoro: quanto dura e cosa dice la legge

Pubblicato il 5 Novembre 2020 alle 11:51 Autore: Claudio Garau
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Pausa pranzo a lavoro: quanto dura e cosa dice la legge

l contratto di lavoro e il rapporto di lavoro che consegue sono caratterizzati da una serie di diritti e doveri, sia in capo al datore di lavoro , sia in capo al lavoratore. Li abbiamo già visti in un un precedente articolo: qui, in particolare, vogliamo soffermarci sul diritto alla pausa pranzo a lavoro, ovvero il diritto che un lavoratore dipendente ha allo scopo di interrompere la propria prestazione lavorativa per mangiare e ‘ricaricare le batterie’ in vista delle ore pomeridiane di lavoro. Ebbene, cerchiamo dunque di capire quanto dura o può durare detta pausa, in base alle norme vigenti di diritto del lavoro. Facciamo chiarezza.

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Pausa pranzo: il fondamento nella legge

Solitamente uomini e donne tendono a consumare i pasti in ore predeterminate della giornata, vale a dire alle tra le ore 12 e le 14 in caso del pranzo, e tra le 19 e le 21 in caso della cena: ebbene, a lavoro questi orari, a causa dell’esecuzione della propria prestazione lavorativa, non sempre sono rispettati. Anzi, ben può succedere che le persone impegnate in un lavoro, siano in servizio, durante le ore tradizionalmente dedicate al pranzo. Il datore di lavoro può infatti decidere liberamente la collocazione temporale della pausa pranzo, in base a quelle che sono le necessità aziendali.

In base al d. lgs. n. 66 del 2003, che ha attuato alcune regole europee sull’organizzazione dell’orario di lavoro, è però prevista una fondamentale tutela per il lavoratore: infatti, laddove l’orario di lavoro giornaliero superi le 6 ore, il dipendente ha diritto ad una pausa pranzo, ovvero una pausa dal lavoro, corrispondente ad almeno 10 minuti. Non solo: la contrattazione collettiva può introdurre norme di maggior dettaglio per una certa categoria professionale e per certe mansioni.

E’ facilmente intuibile a tutti quale sia la doppia funzione della pausa pranzo: infatti, da un lato consente di recuperare almeno parte delle energie psicofisiche, in vista della seconda parte della giornata lavorativa; dall’altro, permette di alimentarsi, e quindi di poter dare luogo all’appena citato recupero delle forze. E’ chiaro che la pausa pranzo è tanto più importante, quanto più è alto il dispendio di energie a lavoro: pensiamo, ad esempio, ai lavori usuranti o a quelli che prevedono lo svolgimento di mansioni ripetitive.

Durata della pausa: il valore dei CCNL

La regola generale appena menzionata prevede una pausa pranzo di almeno 10 minuti. Ma se questa è la lettera della legge, è però vero che i CCNL di categoria hanno spesso introdotto norme di maggior dettaglio e di maggior tutela per i lavoratori: infatti la contrattazione collettiva ha previsto una durata più lunga della pausa pranzo, anche perchè 10 minuti non bastano solitamente a consumare un pasto completo e a recuperare almeno parte delle energie.

Quindi come deve comportarsi il lavoratore per capire a quanti minuti di pausa pranzo ha diritto? Ecco di seguito la risposta:

  • prima di tutto, dovrà controllare se, nel proprio CCNL di riferimento, vi sia una specifica norma sulla durata della pausa pranzo;
  • in mancanza di disciplina in merito, il lavoratore dovrà verificare i contenuti del regolamento aziendale, dette anche policy aziendali: si tratta di quella serie di norme decise unilateralmente dall’azienda per disciplinare il comportamento dei propri dipendenti in materie assai specifiche come, ad es., l’uso del PC aziendale, della navigazione sul web o, appunto, la durata della pausa pranzo;
  • se mancano indicazioni anche nel regolamento, non resterà che rifarsi alle regola di legge, che prevede una durata minima di 10 minuti.

Il presupposto fondamentale della maturazione del diritto pausa pranzo è e resta la durata giornaliera della prestazione lavorativa, almeno pari a 6 ore. Ne consegue che se il lavoratore svolge delle mansioni giornaliere per un tempo inferiore, non ha diritto a fare la pausa pranzo. Ma certamente la legge non gli vieta di mangiare durante l’esecuzione della prestazione per cui è stato assunto. Ecco dunque che non potranno esercitare il detto diritto i lavoratori a tempo parziale.

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Concludendo, possiamo domandarci se la pausa pranzo, in quanto tale, viene retribuita anch’essa, come il lasso di tempo ricompreso nell’orario di lavoro. Ebbene, la risposta da darsi in via generale, è negativa, giacchè la pausa comporta di per sè la sospensione della prestazione lavorativa per il tempo necessario a mangiare e a recuperare le energie. Ma, anche in questo caso – in base a quanto ammesso dalla circolare n. 8 del 2005 del Ministero del Lavoro – i vari CCNL hanno potere di deroga e, come già accaduto, possono disciplinare diversamente e prevedere che il lavoratore sia pagato anche per il lasso di tempo corrispondente alla pausa pranzo.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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