Capacità di intendere e volere: cos’è, come si dimostra e dettagli
Capacità di intendere e volere: cos’è, come si dimostra e dettagli
La capacità di intendere e volere è un concetto basilare di tutto il diritto. Infatti, per la legge vigente una persona maggiorenne ha sia la capacità di agire, sia quella di intendere e volere, ovvero ha quella che viene denominata in gergo “capacità naturale”. Ebbene, ciò di cui vogliamo occuparci di seguito è capire che cos’è in concreto quest’ultima capacità e perchè è essenziale possederla. Vedremo anche come si può dimostrare.
Capacità di intendere e volere: di che si tratta?
Abbiamo accennato, poco fa, al concetto di capacità di agire, o capacità legale, e al concetto di capacità di intendere e volere: essi non vanno confusi, giacchè si riferiscono a situazioni ben distinte:
- la capacita di intendere e volere, o capacità naturale, fa riferimento è quella posseduta dal maggiorenne in grado di capire se gli atti che compie siano o meno in contrasto con le regole della legge o se i suoi comportamenti possano integrare un reato; più nello specifico:
- la capacità di volere fa riferimento alla possibilità dell’individuo di controllare i propri stimoli ad una certa azione o comportamento;
- la capacità di intendere invece fa riferimento alla possibilità dell’individuo di capire qual è il reale significato di ciò che compie e delle conseguenze che scaturiscono, sia a livello individuale che sociale;
- la capacità di agire, o capacità legale, si riferisce invece alla possibilità, che ha il maggiorenne, di compiere atti giuridici validi, poichè l’individuo è totalmente responsabile delle proprie azioni penali, civili ed amministrative innanzi alle norme di legge, ed anche al giudice se parte in causa. Ad esempio, è sulla scorta di detta capacità che un soggetto può redigere un testamento o stipulare contratti.
Talvolta diventa essenziale tener ben distinti i due concetti, perchè può succedere nella realtà che un soggetto che ha capacità di agire, alla data di compimento di un certo atto, risulta però al contempo, incapace di intendere e volere, e questo non può che avere conseguenze per il diritto. Un caso di questo tipo può essere quello del privato che firma un contratto sotto l’effetto di sostanze alcoliche.
E’ da rimarcare che nei confronti dell’incapace naturale che compie l’atto avente rilievo giuridico (ad esempio una donazione, un testamento o un matrimonio), è possibile dimostrare l’assenza di capacità di intendere e volere. In particolare, gli atti realizzati da colui che è in stato di incapacità naturale possono essere oggetto di annullamento, su domanda dello stesso soggetto o dei suoi eredi, se si tratta ad es. di testamento.
L’azione di annullamento si prescrive in 5 anni dal giorno in cui l’atto è stato compiuto: è chiaro che detta previsione va nella direzione di tutelare il più possibile sia l’incapace, sia tutte le persone che abbiano avuto a che fare con lui, come ad es. l’altro contraente nel caso della stipula di un contratto. Tuttavia, l’atto realizzato dall’incapace, fino alla data dell’annullamento, continua a rilevare per il diritto, specialmente se con l’atto sono collegati altri interessi da tutelare e riferibili ai terzi che hanno rapporti giuridici con l’incapace.
E’ anche possibile domandare ed ottenere, in sede giudiziaria, la pronuncia di nullità di un certo atto, per inesistenza assoluta: ciò accade nell’ipotesi in cui sia stata assente integralmente la manifestazione di volontà cosciente dell’autore dell’atto.
Che cosa pregiudica la capacità naturale?
A questo punto, è lecito domandarsi da che cosa può essere intaccata la capacità di intendere e volere, e quando insomma vi sono i presupposti per dimostrare l’assenza di detta capacità. Ebbene, al fine di poter concludere per l’assenza di capacità di intendere e volere, per un certo atto che sia stato ultimato dall’incapace, è necessario accertare che le facoltà psichiche del soggetto in questione siano quanto meno diminuite, alla data di compimento dell’atto. Perchè si possa parlare di incapacità, non è dunque fondamentale la piena incapacità, essendo sufficiente anche una parziale menomazione, ad es. dovuta a patologie che hanno portato il soggetto a non essere pienamente lucido nel compimento delle proprie azioni, e specialmente di quelle che hanno rilievo per il diritto.
Nell’ordinamento esistono vere e proprie cause di incapacità di intendere e volere. Vediamo di seguito le principali, in estrema sintesi:
- stato di ubriachezza;
- intossicazione dovuta a sostanze stupefacenti;
- età avanzata;
- trauma;
- l’infermità mentale, ovvero quei disturbi mentali che alterano il normale funzionamento della psiche;
- malattia grave.
In giurisprudenza è stato acclarato che sono cause di assenza di capacità di intendere e volere anche stati temporanei come, ad esempio, una forte necessità di denaro o una passione smodata per una certa persona. Come detto sopra, capacità di intendere e capacità di volere vanno tenute distinte, sebbene entrambe conducano al concetto di capacità naturale. Ne consegue che per poter domandare ed ottenere l’annullamento dell’atto dell’incapace, basta provare l’alterazione di una o dell’altra capacità, e non di entrambe. In ogni caso, deve essere in gioco una modifica sostanziale delle normali capacità di ragionamento e di valutazione critica, che portano a compiere un meno un atto (giuridico).
Capacità naturale e dimostrazione della sua assenza
Concludendo, possiamo ora vedere a chi spetta di provare l’assenza di capacità di intendere e volere. Ebbene, la dimostrazione va data da chi domanda l’annullamento (o la dichiarazione di nullità) dell’atto: ogni mezzo può essere idoneo a fornire la prova, ed anche indizi e presunzioni – ovvero le cd. prove indirette – possono essere utili. Ma sarà pur sempre il giudice competente a valutare liberamente la portata e il valore egli elementi probatori e a capire se davvero il soggetto era, al momento dell’atto, incapace totalmente o parzialmente.
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