Il 4 novembre è l’anniversario dell’unità nazionale e il compleanno delle nostre Forze armate. La ricorrenza viene dal 4 novembre 1918, quando Diaz firmò l’armistizio di Villa Giusti. Quella firma concluse la Grande guerra, cioè la più immonda, vergognosa carneficina della Storia moderna. L’ambizione di ciò che poteva diventare l’Occidente è finito nelle trincee. Da quelle serpentine di fango, colera e fame usciranno fascismo, nazismo, Shoah, leggi razziali, occupazione e guerra civile.
Il dopoguerra è un inferno quanto e più del secondo.
Le famiglie non hanno forza lavoro da mandare nei campi. I ragazzi sopravvissuti sono mutilati o traumatizzati. Hanno visto i loro fratelli fucilati per codardia e i loro nomi affissi sulle pareti del municipio, tanto che le loro famiglie hanno dovuto cambiare comune. Li hanno visti morire o tornare pazzi. Ora chiedono l’elemosina agli angoli delle strade maltrattati dai vecchi, derisi dagli uomini e schifati dalle donne. Un milione di ventenni hanno imparato a uccidere prima che a far l’amore, hanno giurato fedeltà alla patria e al Re, e finiscono così. Hanno dato tutto o perché ci credevano, o perché avevano dietro i Carabinieri coi fucili puntati, o per entrambe le cose.
All’improvviso, mentre tutti li odiano, un maiale – e documentato codardo – ruba l’estetica e l’immaginario di un poeta, la ricicla addosso a questi ragazzini e dice loro che stanno subendo un’ingiustizia. Quel porco prende degli eroi e se ne appropria, come accadde a Emilio Ferraris e a tanti altri come lui, fomentati dalla retorica della vittoria mutilata.
Quando sei con l’acqua alla gola non ti chiedi se è potabile.
I reduci abbracciarono il fascismo perché quel maiale pareva l’unico disposto ad ascoltarli e considerarli. Se i nostri nonni avessero avuto l’ardire di dire “grazie” e allungare una mano ci saremmo risparmiati l’Asse, l’occupazione, le rappresaglie, la liberazione, la guerra civile, milioni di morti e anni di vergogna.
Ma quella truffa non è mai stata sbugiardata
Mussolini ha compiuto (e ordinato) talmente tante atrocità che quella truffa iniziale, raccontata magnificamente da Dino Risi su La marcia su Roma, passa in terzo piano. Sfuma, non ci si bada. Un giorno dopo l’altro, senza che nessuno ci facesse caso, l’estrema destra si è appropriata dei monumenti, delle celebrazioni e dei nostri caduti, infettandone la memoria come un morbo.
Il motivo è anche psicologico: buona parte dei neofasci ha gravi carenze di figure paterne, complessi d’inferiorità e paranoie legate alla propria virilità, così s’attacca all’immaginario dell’uomo forte con il maggior numero di simboli fallici possibile (memorabile il Missilone che non si poteva sparare). Come la goccia che scava la roccia, si è radicata l’idea per la quale se sei nelle Forze armate, o se le rispetti, o le celebri, sei di estrema destra.
Questo lo pensano tutti. Perché?
Perché lo sanno tutti: vox populi, vox dei.
A quest’oscenità ha contribuito in parte anche la sinistra, negli anni, ma è un altro discorso.
Quest’ignominia prosegue ancora perché lo lasciamo accadere
Luoghi dove non dovrebbero esistere schieramenti né bandiere tipo monumenti e Sacrari sono infestati di scarafaggi in anfibi e bomber che fanno il saluto romano, gridano il PRESENTE! e la menano con la retorica della guerra e del morire per la patria. Di recente il governatore delle marche ha scritto una lettera agli studenti, che secondo Repubblica è un plagio del discorso di Mussolini alla formazione dei fasci littori.
Questo è il testo.
“In questo giorno il nostro reverente pensiero va a tutti i figli d’Italia che dettero la loro vita per la Patria, una gioventù che andò al fronte e là vi rimase. Una gioventù lontana dai prudenti, dai pavidi, coloro che scendono in strada a cose fatte per dire: “Io c’ero””, giovani che vollero essere altro non con le declamazioni, ma con le opere, con l’esempio consapevoli che “Un uomo è vero uomo se è martire delle sue idee. Non solo le confessa e le professa, ma le attesta, le prova e le realizza”. Combatterono per dare un senso alla vita, alla vita di tutti, comunque essi la pensino”. Per questo quello che siamo e saremo lo dobbiamo anche a Loro e per questo ricordando i loro nomi sentiamo rispondere, come nelle trincee della Grande Guerra all’appello serale del comandante: PRESENTE!”.
Il virgolettato è una citazione di Giovanni Gentile, filosofascista della prima ora che – ovviamente – non vide mai una trincea in tutta la vita. I cultori della guerra, del resto, sono una categoria d’idioti ben nota. Orazio disse “è dolce e dignitoso morire per la Patria”, poi durante la battaglia di Filippi tagliò la corda. Mussolini si guardò bene dal partecipare alla marcia su Roma, non mantenne nulla di quello che promise e alla fine tentò di scappare travestendosi.
I fascisti dell’altroieri, di ieri e di oggi continuano ad appropriarsi delle tombe dei nostri caduti e nessuno dice niente né si ribella: sarebbe fascista. Ecco, questa roba deve finire. Nessuno ha il diritto di appropriarsi dei nostri caduti. Soprattutto, nessuno ha il diritto di strumentalizzarli.