Mantenimento figlio maggiorenne: cosa deve fare e quando spetta

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Mantenimento figlio maggiorenne: cosa deve fare e quando spetta

Abbiamo già affrontato più volte il delicato tema del mantenimento, in ipotesi di rottura del legame matrimoniale, ed abbiamo ad esempio visto che non di rado l’assegno correlato può essere sottoposto a revisione o addirittura essere oggetto di pignoramento. Qui di seguito vogliamo invece capire quando sussistono gli estremi per il mantenimento figlio maggiorenne, anche alla luce della più recente giurisprudenza. Facciamo chiarezza.

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Mantenimento figlio maggiorenne: quali obblighi da osservare per ottenerlo

Le regole generali sul piano della responsabilità genitoriale prevedono che padre e madre sono obbligati a mantenere i figli che siano in minore età, in modo che questi ultimi possano percepire le risorse economiche utili al proprio sostentamento, all’istruzione e allo svolgimento delle attività idonee alla crescita ed allo sviluppo psico-fisico.

Questa sorta di ‘automaticità’ non vale però per i figli maggiorenni. Infatti questi ultimi, se intendono conservare il diritto agli alimenti anche dopo aver compiuto i 18 anni, debbono dimostrare di essersi impegnati a trovare un’occupazione che possa garantire un autonomo reddito.

La giurisprudenza ha infatti rimarcato che, al compimento della maggiore età, scatta la presunzione per la quale il ragazzo o la ragazza va ritenuto potenzialmente idoneo a produrre reddito. Ecco perchè il figlio deve poter provare non solo di aver volontariamente completato un percorso di studi e/o di preparazione professionale, ma anche di aver cercato attivamente lavoro al fine di non essere costretto a contare sulle risorse economiche dei genitori, per poter campare.

La giurisprudenza ha anche fatto notare che non può costituire un impedimento alla ricerca proficua del lavoro, il fatto che il giovane non trovi un posto di lavoro consono alla propria preparazione professionale o agli studi: in considerazione anche della crisi del mercato del lavoro, il giovane – per poter comunque avvalersi della somma a titolo di mantenimento figlio maggiorenne – deve comunque attivarsi per potersi mantenere da solo, in attesa di una eventuale migliore collocazione lavorativa e un contratto più remunerativo.

In altre parole, le aspirazioni e gli obbiettivi del figlio devono fare i conti con il problematico andamento del mercato del lavoro, e il fatto di non aver trovato un lavoro compatibile con un certo diploma di laurea o un certo percorso di formazione – avendo invece rifiutato offerte di lavoro esistenti ma ritenute, in qualche modo, di ‘scarso valore’ – non può essere utilizzato come argomento valido o come ‘scusa’ per non lavorare e percepire invece il mantenimento figlio maggiorenne.

Ciò che soprattutto rileva è infatti l’obbiettivo dell’indipendenza economica dai genitori, che deve essere conseguito, a prescindere dal posto di lavoro che si andrebbe ad occupare.

Mantenimento figlio maggiorenne: l’utile contributo della Suprema Corte

In tema di mantenimento figlio maggiorenne, sono assai chiarificatrici le parole usate dalla Corte di Cassazione in un cruciale provvedimento di quest’anno. Essa si è espressa così:

“L’obbligo di mantenimento legale della prole cessa con la maggiore età del figlio in concomitanza all’acquisto della capacità di agire e della libertà di autodeterminazione; in seguito ad essa, l’obbligo sussiste laddove stabilito dal giudice, ed è onere del richiedente (ossia l’ex coniuge o il figlio stesso divenuto maggiorenne) provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso – ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro. Raggiunta la maggiore età, infatti, si presume l’idoneità al reddito, che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore“.

Pertanto, per poter ottenere il mantenimento figlio maggiorenne, questi si dovrà attivare prima a cercare una qualsiasi occupazione che permetta di cavarsela da soli, e poi – nel caso non si riesca a trovare un lavoro – dovrà provare al giudice di aver fatto tutto il possibile per non essere più disoccupato. E’ quel che in gergo si chiama ‘principio di auto-responsabilità’ che se da un lato permette al figlio di emanciparsi, dall’altro consente, di riflesso, al genitore di non dover versare una non esigua percentuale del proprio stipendio, per far fronte alle necessità del figlio.

Alcuni casi pratici che legittimano il mantenimento

Nella pratica, abbiamo dunque alcuni casi in cui il mantenimento figlio maggiorenne è pacificamente riconosciuto. Per esempio il relativo diritto sussiste se:

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Ma attenzione: secondo i dati Istat, non possono esservi gli estremi per l’assegno di mantenimento figlio maggiorenne, laddove sia trascorso un lasso di tempo ragionevole per inserirsi nel mondo del lavoro. Pertanto, compiuti i 30-35 anni, diventa oggettivamente più arduo riuscire a dimostrare di aver comunque diritto al mantenimento figlio maggiorenne.

Concludendo, va pur detto che – in linea di massima – riuscire a provare di aver compiuto tutti i possibili tentativi di ricerca di un lavoro stabile, confacente o meno alla propria specifica preparazione professionale, non dovrebbe impedire al giudice di assegnare il mantenimento figlio maggiorenne, ma è su quest’ultimo che grava l’onere della prova.

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