Prelievi in banca 2020: quali sono i limiti previsti per i correntisti?
Abbiamo già trattato di temi che hanno a che fare con la lotta all’evasione fiscale ed al riciclaggio, illeciti certamente di non lieve entità, e su cui l’attenzione del legislatore è stata assai evidente negli ultimi anni. Qui di seguito vogliamo in particolare soffermarci sulle misure che di fatto limitano o circoscrivono la circolazione del denaro contante nel territorio italiano. Vediamo allora più nel dettaglio che cosa le norme prevedono in tema di prelievi in banca e quali sono i vincoli.
Prelievi in banca e limiti: cosa dice la legge
Oggigiorno, le persone si stanno spostando con molta gradualità ai sistemi di pagamento elettronico, e non sono pochi coloro che ancora si affidano al denaro contante per la stragrande maggioranza delle operazioni economiche. Il punto è proprio capire quali sono i limiti vigenti ai prelievi in banca e, in buona sostanza, quanto si può prelevare come cliente di un istituto di credito nel 2020. Domande legittime, anche in considerazione dei cosiddetti limiti di tracciabilità e delle operazioni che sono classificabili come ‘sospette’, con il pericolo concreto di segnalazioni.
In Italia vige tuttora la libertà di prelievo di contanti, ma si tratta pur sempre di una libertà condizionata da alcuni fattori, quali appunto il limite all’uso del contante, imposto dalla legge; il dovere di segnalazione all’UIF – una sorta di unità di intelligence finanziaria – delle operazioni ‘sospette’; la presunzione di evasione. Anche i singoli istituti possono disporre limiti ai prelievi in banca.
Recenti norme fiscali, contenute nel decreto legge n. 124 del 2019, hanno ridotto il limite dell’utilizzo di contante possibile in base alla legge. Pertanto, oltre questo limite, l’interessato a servirsi di denaro dovrà usare metodi “tracciabili”, ad es. i pagamenti con carta di credito o bancomat, o i classici bonifici.
In sintesi dunque abbiamo che:
- l’originario limite all’utilizzo del denaro contante pari 5000 € è stato diminuito in un primo tempo a 999,99 € dal Governo Monti e poi in seguito innalzato a 3000 € dal Governo Renzi;
- dal primo luglio 2020, il limite all’utilizzo del contante è sceso nuovamente, ovvero è possibile entro i 2000 €, con una sanzione da 2000 € a 50.000 € in ipotesi di violazioni accertate;
- non solo: dal primo gennaio 2022 la soglia massima diminuirà ancora, attestandosi a 1000 €, con una sanzione oscillante tra un minimo di 1000 € ad un massimo di 50.000 € se è accertata una violazione.
Si tratta appunto di veri e propri limiti di tracciabilità che contribuiscono a fare luce sullo spostamento di risorse finanziarie, nell’obiettivo di combattere pratiche illecite come l’evasione fiscale.
Il prelievo di denaro in sè non è una violazione
In questo quadro normativo, va però fatta una precisazione doverosa: il prelievo di denaro in sè, non costituisce una violazione delle norme in materia. Infatti, il prelievo senza trasferimento a terzi, non è mai sanzionabile. Più nel dettaglio, l’uso del contante punito deve comportare un trasferimento ‘tra soggetti diversi’, ossia colui che versa il contante e chi lo incassa. Ne consegue che nè i prelievi in banca, nè i versamenti sul proprio c/c possono portare a delle violazioni. D’altronde, lo ha confermato il Ministero dell’Economia con una sua comunicazione: le appena citate operazioni non possono ritenersi “trasferimenti tra soggetti diversi”.
Obbligo per le banche di segnalazione di operazioni sospette
Le banche, a loro volta, sono tenute a contribuire a far rispettare le regole in materia. Infatti, la normativa antiriciclaggio impone l’obbligo gravante sulle banche di segnalare periodicamente all’UIF – la suddetta Unità di informazione finanziaria – le operazioni che vanno ritenute – quanto meno – “sospette”. Per chiarezza, ricordiamo che tra esse vanno incluse ad esempio le operazioni bancarie pari o superiori a 10.000 € realizzate da un correntista come cliente o esecutore. Possono essere ritenuti sospetti anche i pagamenti o i prelievi in forma frazionata, se i pagamenti o prelievi in banca oltrepassano i mille euro.
Ecco dunque chiaro che per il privato, onde non incappare in una possibile segnalazione, è meglio compiere sempre prelievi in banca entro i mille euro e usare – sempre – modalità tracciabili (ad es. bancomat) per fare transazioni che oltrepassino i mille euro.
Ma a dimostrazione che oggi la legge non lascia (quasi) nulla al caso, abbiamo anche che l’Agenzia delle Entrate può far valere a carico delle aziende la cosiddetta “presunzione di evasione” in ipotesi di operazioni in contanti (compresi i prelievi in banca) che superano i 1000 euro al giorno o i 5000 euro al mese. Va da sè allora che la aziende, così come i privati, fanno bene a prediligere le operazioni tracciabili. Attenzione anche ad un altro aspetto essenziale: per eventuali controlli fiscali, le aziende devono custodire nel tempo fatture e scontrini per documentare le spese in contanti.
Inoltre, gli istituti di credito, al fine di consentire accesso e utilizzo degli sportelli automatici, impongono ai correntisti un limite giornaliero ai prelievi in banca, ed hanno facoltà di imporne anche uno mensile. Il cliente può trovare l’indicazione dei citati limiti nel Foglio informativo del conto corrente o della carta di pagamento. In particolare, per effettuare prelievi in banca molto consistenti, la banca potrebbe imporre di aspettare qualche giorno e anche domandare informazioni su come verranno usati i contanti.
Concludendo, dovrebbe apparire ormai chiaro perchè non è consigliabile effettuare molti prelievi in banca in contanti: il rischio di avere gli occhi puntati del Fisco e della banca – in caso di ingenti e ripetuti prelievi – non è affatto basso. D’altronde, il legislatore si è impegnato negli ultimi anni a favorire la tracciabilità delle operazioni e a disincentivare l’uso dei contanti, anche con bonus ed agevolazioni per chi usa la carta al posto delle banconote. E’ vero inoltre che anche la propria banca potrebbe chiedere delucidazioni su un prelievo non tracciato, ma ingente e anomalo. Ecco dunque che pagare con bonifici, assegni o carte è non di rado la scelta più consigliata, specialmente in caso di operazioni frequenti che saranno, dunque, agevolmente giustificabili.
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