Per motivi storici, culturali e sociali, l’intrattenimento principale del popolo italiano consiste nel voyeurismo e nelle gogne. Fa parte del nostro patrimonio genetico – il Colosseo, dopotutto, ce lo siamo inventati noi – e ancora oggi le sfide tipo Oriazi e Curiazi sono il nostro culto primario.
La carne non va mai fuori moda, e chi la fornisce sono tre venditori: Striscia la notizia, le Jene e Report. Ognuno ha uno stile diverso. Striscia opta per un circo di tette, paillette e canzoncine per mettere a proprio agio lo spettatore semianalfabeta, che ha la mentalità di un bambino di tre anni. Le Jene hanno un sapore più dark, con quella convinzione di sapere tutto del mondo e di essere spaccamontagne tipica degli adolescenti. Poi c’è Report, che sostanzialmente è Striscia per i laureati.
Tutti e tre si presentano alla porta di casa e dicono “noi siamo informazione”.
Se invece dicessero “noi vendiamo carne” o, peggio ancora, “facciamo narrativa”, si prenderebbero la porta in faccia. Il nostro popolo non perde tempo a leggere favolette, deve guardare video di gatti e indignarsi. Una volta entrati in salotto, i venditori mettono sul tavolo belle donne, uomini di successo, imprese con un bel fatturato, storie allegre di gente felice. Sul divano, il padrone di casa ha già la bava alla bocca, ma non è ancora il momento.
La donna di successo o il bell’uomo (i valori sono intercambiabili) devono essere conditi. Vengono coperti da una caterva di illazioni, speculazioni, fantasie, deduzioni illogiche e osservazioni speciose, finché il padrone di casa sentirà il profumo più dolce di tutti: giustizia. La bella donna in carriera, il giovanotto di successo, l’azienda con il mega fatturato non sono tali perché se lo sono sudato, ma perché sono disoneste.
Hanno barato.
Non meritano quello che possiedono.
Per la proprietà transitiva, ecco perché il padrone di casa ha sposato una strega, vive tra bar e pregiudicati, è disoccupato e i suoi figli lo odiano: perché è una brava persona onesta. Può quindi affondare i denti nella giugulare della preda tramite social e lettere ai giornali, perché non sta sfogando la propria frustrazione verso chi invidia, sta punendo un colpevole.
Occasionalmente, il giochetto non riesce.
Accade quando il padrone di casa è competente della materia trattata. Nel corso degli anni ho letto pagine e pagine di gente che in rete pigolava delusa del pasto mancato. Ma come, dicono, Report mi sembrava una trasmissione seria. Com’è possibile, piangono, eppure tutti gli altri loro servizi erano professionali. Non che loro sapessero nulla degli argomenti trattati in maniera professionale: ma almeno si erano divertiti a insultare e biasimare gente di successo senza che la sospensione dell’incredulità si suicidasse.
Ora, di recente Report ha fatto un servizio sui vigili urbani di Roma, cioè una delle grandi potenze di questa città. Che siano dei personaggi interessanti è risaputo, e da molto tempo, ma proprio tanto; la lista potrebbe continuare per ottanta pagine. Che poi il sindaco Marino fosse un brav’uomo finito dentro un gioco e una città assai più grandi e voraci di lui, ormai era già stato reso noto.
Ma accade l’impensabile: il popolo, invece di saltare alla giugulare dei vigili urbani, si innamora di una storiella da commedia italiana. Due vigili fanno l’amore in macchina e si scordano la radio accesa. Il voyeurismo batte il linciaggio. Ci può convivere, ma la maggioranza preferisce le tette al sangue. È una legge ben nota nel mondo dell’informazione fin dai tempi del berlusconismo.
Una volta apparsa Ruby, all’improvviso a nessuno fregava niente di soldi, mafia, tangenti, le uniche cose per cui valeva la pena comprare il giornale erano Olgettine, i dettagli scabrosi delle feste eleganti, “le dame del cavaliere” e altra spazzatura venduta per giornalismo, culminata in letteratura pedopornografica spacciata per “inchieste tra i giovanissimi”.
«Hey, ma è come quando un tatuatore dell’est millantava di avere fonti interne al comsubin!» dirà qualcuno. Sì. Ma lui indossava una maglietta della X MAS, non servivano altre prove. È come quando Le jene intervistano “agenti segreti” con volto oscurato, voce modificata, sfondo da film noir e nessuna conferma né smentita da parte degli organi di Stato.
Quindi mentre i media preparavano enormi servizi sui vigili per cavalcare l’onda, gli italiani hanno sterzato verso il lato monicellesco e si sono scapicollati a cercare di capire chi fossero il vigile e la vigilessa coinvolti. In che quartiere si trovavano? A che ora? In che macchina? Qualcuno ha messo online l’audio? Tanto lavoro per nulla. È forse un complotto, un diversivo per allontanare l’opinione pubblica dai fatti che contano?
Alcuni credono di sì.
Perché il metodo Report non perdona.