Con la morte di Maradona, in parecchi sono saltati su dicendo “in realtà era solo un tizio bravo a giocare a calcio”, cocainomane, alcolizzato e altri difetti – pur veri – del cosiddetto pibe de oro. Non avendo io la passione del calcio, di Maradona non so nulla. Ci ho scritto un articolo sulla sua storia, ma non so che cosa prova un appassionato nel riguardare i vecchi goal. Men che meno un napoletano.
Eppure miliardi di persone, nel mondo, amano e venerano quei ragazzi che entrano nello stadio a tirar calci a un pallone. È per questo che hanno stipendi così alti: perché fanno guadagnare alle società somme sconsiderate.
Il calcio non è soltanto “prendere a calci una palla”, e un giocatore non è soltanto un tizio che nella vita privata fa feste o meno. Il calcio è la grande riscossa degli ultimi, è il riscatto sociale del singolo, è la giustizia suprema, un gradino sopra quella dei tribunali. Perché non ha bisogno di oscure leggi, complicati cavilli, sentenze, appelli, arringhe: basta un calcio.
Un gesto semplice, pulito, ancestrale e inequivocabile, capace di rimettere a posto i torti che la vita (o le proprie scelte) ci ha fatto subire. In questo e per questo, Maradona è stato un eroe. È stato un eroe per gli argentini schiacciati dalle navi inglesi, per i poveri che non avevano nemmeno i soldi per un paio di scarpe, ed è stato un eroe per i napoletani, quei cittadini così tanto vituperati non solo dal nord leghista, ma da tutto il mondo.
Diego Armando Maradona è stato l’unico uomo capace di far piegare la testa a chi derideva Napoli e i poveri, gli emarginati e gli sconfitti. È stato Zorro, è stato Robin Hood, è stato l’unico supereroe del mondo reale. Non ha precedenti, e non se ne vedono eredi. Quando ho scritto la storia di Maradona per un’altra testata, studiandolo, sono rimasto allibito dall’epica che ne esce. Ho cercato di non mettere emozioni e mi sono limitato ai fatti.
Ed è stato un errore.
L’articolo finì in una pagina Facebook dei suoi seguaci e riscosse scarso successo. Non odio, non il solito hating fine a se stesso, fu solo tiepido. Pochi commenti e poche condivisioni. Solo un commento disse la parte più importante. Me lo ricordo ancora a memoria: “Maradona non è stato solo questo”. Aveva ragione. Parlare della droga o del doping di Maradona è come definire il Titanic una nave con quattro comignoli.
Sì, è vero, ma a nessuno importa. Le persone scelgono i loro eroi in maniera differente in base al ceto sociale. Oggi gli eroi Marvel non rubano ai ricchi per dare ai poveri, non riscattano i disperati e i dimenticati, non vengono dalla povertà. Sono ricchi miliardari che combattono divinità grazie a fiumi di denaro e benedizioni dall’alto, occasionalmente divertendosi a girare per i vicoli malfamati a picchiare i poveri e i disonesti.
Diego no.
Diego non aveva una batcaverna, aveva strade sterrate e piedi callosi. Era un disperato che quando toccava palla si divertiva truffare e ingannare le aspettative degli altri giocatori, lasciandoli allibiti, arrivando in porta come il Dio dei ladri, in punta di piedi, mento basso e sorrisetto. Alla fine, la cosa più intelligente l’ha detta un calciatore: non conta cos’ha fatto nella vita Diego, conta cos’ha fatto nella vita degli altri.
Parafrasando V per Vendetta, le idee sono antiproiettile. Il corpo è di un uomo, con i suoi difetti e le sue debolezze, ma il gesto è eterno. Diego ha non solo riscattato gli ultimi, ma gli ha dimostrato che è possibile farlo. Anche per questo, sta sulle scatole ai borghesi.