L’Italia è piena di puri giustizialisti, quando il collo è degli altri

A quanto pare, nessuno si farebbe scrupoli a far denigrare il proprio padre da una persona esterna alla famiglia. Poi però non succede mai.

Ho cercato di stare lontano dalla polemica tra Mattia Feltri e la Boldrini. Alla terza persona che mi ha segnalato la storia, e dato che ho avuto uno scambio sgradevole su Twitter con il direttore di una testata, penso sia il caso di approfondire. Se avete una vita e di queste menate non v’importa, saltate l’articolo, rileggetevi Un attentato da leoni e sappiate che i protagonisti sono stati recentemente scarcerati.

Vittorio Feltri, direttore di Libero, pubblica un articolo assai discusso riguardo a una ben nota vicenda di cronaca nera. Feltri sa scrivere e sa anche camminare sul filo del rasoio, pur rappresentando l’opinione di quella popolazione che… bè, sono sicuro che ci siamo capiti. La folla picchia la vittima, non il carnefice.

Comunque.

La signora Boldrini cura un blog ospitato –a titolo gratuito – sul giornale di Mattia Feltri. Ovvero il figlio di Vittorio Feltri. Scrive un articolo che contiene il seguente passaggio: “Cosa dire del resto dell’intervento di Vittorio Feltri su Libero, in cui si attribuiva la responsabilità dello stupro non all’imprenditore Genovese ma alla ragazza diciottenne vittima?” e lo invia per la pubblicazione.

Il redattore segnala il passaggio al direttore, che alza il telefono e chiede alla signora Boldrini di rimuoverlo. Lei si rifiuta e lo minaccia di rendere pubblica la telefonata se non verrà pubblicata. Mattia cassa il pezzo – cosa che succede spesso in tutte le redazioni del mondo. L’articolo esce su Il Manifesto, e la rete insorge gridando alla censura.

La censura è quando un’informazione viene bloccata e diventa irreperibile.

Se un ospite scrive sul muro del salotto che mio padre è un pessimo medico, io le dico che non può farlo e lei lo scrive sul muro del palazzo di fronte, non è censura. È che se vuoi stare a casa mia ti devi comportare in un certo modo, e mancare di rispetto a mio padre non fa parte del bon ton di un invitato. Anche perché se io avessi detto “la ragazza stuprata è stata ingenua” e la Boldrini riassumesse “secondo Zuliani la responsabilità dello stupro è della vittima”, io provvederei a querelare immediatamente. Ingenua implica buone intenzioni e inconsapevolezza. Se avesse usato incauta, allora avrebbe significato azioni errate eppur consapevoli.

Su Twitter, il direttore di una testata dice:

“Un direttore fa bene a scegliere cosa pubblicare? Certo, deve: è il suo lavoro (detto che nessun direttore – di quotidiani e siti – sa tutto). Un direttore fa bene a cestinare un pezzo per la sola ragione che si critica un parente? No”.

Io domando quanto è disposto a pagarmi un pezzo sulla sua famiglia, pubblicato sulla sua testata senza revisione. Lui dice “mandami in privato una proposta. Se interessante, lo pubblichiamo volentieri”. E io non so se mi metta più tristezza l’idea di una persona che sul proprio giornale pubblica illazioni su chi l’ha generato, o se questa persona bluffi pur di mostrarsi “puro”.

L’Italia, dopotutto, è il regno dei rodomonti giustizialisti finché non gli toccano chi hanno caro, a quel punto i figli so’ piezz e core, tengo famiglia, eccetera. Non so se permetterei a qualcuno di scrivere sul mio blog cose brutte sul conto di mio padre, anche se fossero vere. Tendo a diffidare di chi dice “io al suo posto avrei” e a fidarmi di chi dice “al suo posto io ho”.

Anche perché i secondi sono rarissimi.