Reddito di cittadinanza: via il requisito della residenza?

Pubblicato il 4 Dicembre 2020 alle 15:16 Autore: Claudio Garau
Operai

Reddito di cittadinanza: via il requisito della residenza?

Ben sappiamo quanto il reddito di cittadinanza abbia fatto discutere, fin dal momento della sua ufficiale introduzione: tra furbetti che lo incassano senza averne diritto, navigator di dubbia utilità secondo alcuni, e lavoro che, nonostante il meccanismo ideato dal Ministero del Lavoro, continua ad essere un miraggio per molti, le polemiche e i contrasti non sono mancati. E’ notizia di questi ultimi giorni, l’iniziativa messa in atto da alcune associazioni che si occupano di tutelare i diritti degli immigrati: lo scopo è quello di eliminare un requisito per l’ottenimento del reddito di cittadinanza, che secondo queste associazioni sarebbe discriminatorio. Vediamo più nel dettaglio.

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Reddito di cittadinanza: le due iniziative di alcune associazioni a tutela degli immigrati

Come appena anticipato, potrebbero a breve scattare modifiche non di poco conto all’impianto dei requisiti per il citato reddito, dopo che le Istituzioni UE e il Tribunale di Milano si saranno pronunciati riguardo alle richieste delle associazioni. Dette richieste sono mirate a far cadere l’obbligo di residenza in Italia da almeno 10 anni, ovvero uno dei requisiti per incassare la misura di sostegno economico, per chi non ha lavoro e lo cerca attivamente, con il supporto del Centro per l’Impiego.

Più nel dettaglio, le iniziative sono in concreto due:

  • la denuncia attraverso cui le associazioni domandano all’UE di avviare una procedura d’infrazione contro lo Stato italiano che, nel predisporre il meccanismo del reddito di cittadinanza, avrebbe negato i diritti degli immigrati. Infatti, la previsione del requisito della residenza in Italia per almeno 10 anni contrasterebbe con norme internazionali come quelle nel Trattato dell’Unione europea, nelle quali è vietata ogni forma di discriminazione legata alla nazionalità tra lavoratori nazionali e lavoratori di altri Stati membri. Detto contrasto emergerebbe laddove il reddito in questione sia considerato alla stregua di un’indennità di disoccupazione. Altrimenti – nel caso il reddito in oggetto sia considerato un sostegno di tipo assistenzialistico – il requisito della residenza contrasterebbe con un’altra norma UE, ovvero con la regola che sancisce l’obbligo di parità di trattamento in tema di ‘vantaggi sociali’;
  • il ricorso al Tribunale di Milano contro la revoca della misura di sostegno verso sette cittadine rumene ex lavoratrici, ora disoccupate, e con figli a carico. Le associazioni si sono rivolte al giudice poichè le donne non avevano il requisito obbligatorio della residenza almeno decennale in Italia.

Il punto è che, percorrendo la via del ricorso e dell’impugnazione, lo scenario futuro potrebbe portare ad una sostanziale modifica degli attuali requisiti di accesso al reddito di cittadinanza. Tra essi, oltre alla situazione di disoccupazione e la manifestata volontà di trovare un lavoro, ricordiamo qui i seguenti:

  • cittadinanza italiana, di uno Stato dell’Unione europea o di un Paese al di fuori dell’Unione, se conseguito il permesso di soggiorno europeo di lungo periodo;
  • residenza in Italia da almeno 10 anni. In particolare, l’interessato ad ottenere il reddito di cittadinanza deve aver vissuto in Italia, negli ultimi due anni in modo ininterrotto.

Ma su quest’ultimo requisito – come detto – pende il giudizio in ambito europeo e italiano.

Cosa potrebbe succedere a livello giudiziario?

Alcuni precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia Ue fanno pensare che le iniziative delle associazioni a tutela degli immigrati potrebbero avere un esito per loro favorevole: infatti, per i giudici dell’organo con sede in Lussemburgo, non è giuridicamente accettabile la tesi per la quale è richiesta residenza decennale all’immigrato che “con le imposte e contributi che versa in relazione all’attività retribuita esercitata, contribuisce anche al finanziamento delle politiche sociali dello Stato membro di accoglienza“. Pertanto se l’immigrato vive in Italia da meno di 10 anni ma lavora e paga le tasse, va considerato alla pari di un lavoratore italiano. E ciò anche laddove sussistano le condizioni per ottenere il reddito di cittadinanza (ad es. scadenza del contratto di lavoro).

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In altre parole, secondo la Corte di Giustizia UE deve rilevare – ai fini dell’attribuzione o meno di una misura di sostegno economico – la situazione reddituale, patrimoniale e fiscale dell’immigrato che si trova in Italia, non la durata della sua residenza.

Concludendo, non resta che attendere quali saranno gli esiti delle due iniziative presso il Tribunale di Milano e la Commissione UE: se le autorità dovessero dare ragione alle associazioni che tutelano gli immigrati, vi sarebbero gli estremi per non includere la residenza decennale in Italia tra i requisiti del reddito di cittadinanza.

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L'autore: Claudio Garau

Laureato in Legge presso l'Università degli Studi di Genova e con un background nel settore legale di vari enti e realtà locali. Ha altresì conseguito la qualifica di conciliatore civile. Esperto di tematiche giuridiche legate all'attualità, cura l'area Diritto per Termometro Politico.
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