Savona: ogni giorno, per un minuto, da 93 anni
A volte, le cose più grandi si capiscono guardando i dettagli. In questo caso, piazza Mameli a Savona. Perché? Bè, perché no.
La sera del 18 settembre 1927, in piazza Mameli a Savona, c’è tutta la cittadinanza, le autorità, una corposa scorta di Carabinieri e il re Vittorio Emanuele III. Presenzia l’inaugurazione di un monumento ai caduti della grande guerra. Quando il telo viene rimosso, appare una campana di bronzo, sostenuta da due gruppi di persone e posta su una base di marmo su cui è inciso “La voce sacra dei morti per la gloria d’Italia. Riconoscenza, emulazione, sacrificio ai venturi rammenti”. Il bronzo, ovviamente, è austroungarico.
Alle 18, la campana manda 21 rintocchi, uno per ogni lettera dell’alfabeto. La piazza si toglie il cappello e resta in silenzio, poi torna alle proprie faccende. Il giorno dopo fa la stessa cosa, e quello dopo ancora. Da quel lontano 1927, Savona non ha mai mancato un giorno. A distanza di 93 anni, anche stasera i vigili fischieranno, in piazza automobili e persone si fermeranno in mezzo alla strada. Su Youtube ci sono centinaia di video che documentano questa scena. Quando l’ho scoperto sono andato a cercare il motivo, ma non c’è un evento specifico. Savona è solo una delle tante città che ha perso i propri figli nelle trincee e ha deciso di ricordarli così.
Scegliamo sempre, sistematicamente, di vedere il lato brutto del nostro paese e del nostro popolo. Riusciremmo a trovare lati negativi e difetti in qualsiasi cosa, e solo Dio sa perché, siamo anche l’unica nazione al mondo che detesta il patriottismo. L’unica. Per tanti anni non ne ho capito il motivo, poi ho girato l’Italia e ci sono arrivato: per queste cose qui. Siamo un popolo talmente diverso e variegato, da creare cose incomprensibili non solo agli altri popoli, ma al vicino di casa.
Prendete questa ricorrenza quotidiana: non è fatta sul Grappa, in Cadore o a Vittorio Veneto. È fatta a Savona. Perché? Perché gli è girato così. E ne vanno estremamente fieri. È questo che mi ha fatto innamorare del mio popolo e dell’Italia: non puoi mai sapere quando, dove o chi farà un capolavoro. Così. Senza motivo. Ecco perché la retorica della “minaccia all’identità nazionale” è un’idiozia.
Noi non abbiamo un’identità nazionale, ed è questa l’identità più potente del mondo. Come puoi pensare di scalfire un popolo che in una città qualsiasi, da 93 anni, si ferma ogni giorno per un minuto perché gli gira? È imprevedibile. Non c’è modo di controllarlo, puoi solo assistere a questo tripudio di anarchia limitando l’illegalità al minimo, consapevole che non c’è modo in cielo o in terra per mettere ordine in questo casino.
Non si sa con certezza chi disse “governare gli italiani non è difficile, è inutile”. Le fonti più accreditate la affibbiano a Giolitti, ma sia come sia è una frase molto più profonda di quanto si creda. Perché a me non fa paura un popolo coeso che lotta dietro al suo leader. Quello si può gestire. Ma un popolo di 70 milioni di fantasisti in cui ognuno fa qualcosa di immotivato, inspiegabile e imprevedibile, come lo fermi?