Fino all’anno scorso Natale era un tuffo nel paese reale. Zii legofascisti, cugini addentratisi nei complotti globali, nonni sordi che nel dubbio insultano le donne aggiungendo bestemmie arcane, zie zitelle che si domandano dove sono gli uomini di una volta, cugine statali che monologano di concorsi, trucchi, raccomandazioni, furberie. Al centro c’eravamo noi, che osservavamo sconfortati la rinascita del paganesimo.
Quest’anno no. Siamo arrivati addirittura a rimpiangere quella riunione di personaggi in cerca d’autore.
Ci è mancata la lasagna unta, i cappelletti duri come biglie, l’arrosto, il polpettone che ti s’attacca al palato, il panettone artigianale di pasticceria con più burro che canditi, l’arrivare alle cinque di pomeriggio a sbocconcellare mandarini e noci senza più raziocinio o dignità, concentrati al massimo per non scatenare faide destinate a durare anni e a scindere la famiglia.
Ai migliori di noi, forse, è mancato addirittura tentare di arginare quella cloaca impazzita. Presentarsi con ombrellino dei Puffi davanti alla cloaca maxima che erutta come un geyser e dire “zio, ti va se ci mettiamo a verificare le fonti di quello che ti hanno scritto su Whazzap?”.
Ai peggiori di noi, invece, è mancato bombardare questi selvaggi con gli Hellfire, godendo nel vederli impazzire di rabbia scimmiesca, dibattersi mentre schizzano frasi talmente idiote che li fanno autodistruggere, e questo centuplica la loro rabbia. Infierire sui loro corpi con acuminati specchi di ipocrisie, contraddizioni, stupidità e poi fermarsi un secondo dopo il limite. Quando le urla lasciano spazio al silenzio, e tra mandarini e rancore ci siamo accorti di avere disintegrato l’unico giorno dell’anno in cui i nonni e le nonne possono vedere la famiglia unita.
Ma possiamo rimediare con una bella partita a Monopoli.
Migliori o peggiori, ci siamo accorti che il Natale ci manca.
Certo, poi abbiamo fatto una videochiamata di dieci minuti con la suocera e alla fine abbiamo premuto il “termina chiamata” godendo come se fosse il punto G, ma dopo tre secondi di piacere, il silenzio di casa non è migliore di quella nenia piagnucolante. Soprattutto se hai un gatto piccolo che emette flatulenze che hanno il suono di una rana tropicale e il sapore dell’abisso infernale. C’è chi è stato fortunato e s’è trovato in casa con moglie e figli, chi s’è trovato solo, ha fatto qualche considerazione sulle priorità della vita. Tutti, indifferentemente, ci siamo trovati storditi. Anche essere cattivi con sconosciuti in Internet non ha lo stesso sapore. Qualcosa è cambiato.
Sappiamo che è così, ma non vogliamo saperne di più.
È tipo quella multa sul mobiletto in ingresso. La lasciamo lì augurandoci si paghi da sola, anche se sappiamo che non lo farà. I cambiamenti non piacciono a nessuno, specie se implicano un saldo negativo in banca. Ci auguriamo e raccontiamo che qualunque cosa sia, passerà da sola. Non so se funzionerà stavolta. Il che è anche eccitante, a voler vedere il lato positivo. Ogni volta che ci siamo trovati ad affrontare qualcosa che ci spaventava, alla fine ci siamo dimostrati che era possibile farlo – e che saremmo in grado di farlo di nuovo.
Zoolander è un grande film perché ha svariati messaggi intelligenti mascherati da idioti. Uno dei miei preferiti è l’intervista di Hansel. “Do I know what product I’m selling? No. Do I know what I’m doing today? No. But I’m here, and I’m gonna give my best shot”. Siamo pronti al capodanno Covid? No. Siamo pronti a tornare alla vita pre Covid? No. Ma siamo qui per fare del nostro meglio.