L’assedio di Parma, quando Federico II di Svevia perse tutto
Salta fuori che se stai assediando qualcuno, promettergli che appena si arrende lo massacrerai e gli distruggerai casa non lo spinge a uscire.
Già nel 1247 d.C. la nostra penisola era divisa in due fazioni, che all’epoca erano i Guelfi, schierati con il papato, e i Ghibellini, sostenitori dell’imperatore Federico II di Svevia. Federico II sognava di di riunire tutte le signorie sotto di sè, ma questo significava convincere i dissidenti a randellate.
I più tenaci oppositori erano i parmigiani. Parma era una città assai ben fortificata, e non c’era verso di prenderla con la forza se non a costi altissimi. Federico II aveva dalla sua il tempo, così scelse un assedio in grande stil. Eresse attorno alle mura di Parma l’accampamento fortificato di Victoria e aspettò i parmigiani capitolassero per la fame.
Parma, però, aveva l’appoggio dello Stato pontificio.
Grazie ad alcuni stratagemmi che alternavano contrabbando a corruzione, riuscì a tenere duro mentre Federico II era certo all’interno della città stessero morendo di fame. Dopo sette mesi di assedio l’Imperatore era esasperato. Aveva tanto in astio i parmigiani da decapitare ogni giorno, davanti alle mura, due o tre prigionieri.
Poi fece sapere che avrebbe raso al suolo la città pietra per pietra, cosparso il terreno di sale e trasferito gli abitanti in una città che stava facendo fortificare, chiamandola Vittoria. A sentire gli intenti dell’imperatore, le donne parmigiane costruirono una miniatura della città in argento e la donarono alla vergine Maria, pregandola di intercedere a loro favore.
E la componente religiosa ebbe più effetto di quanto si creda.
Il papa Innocenzo IV lavorava nell’ombra irretendo e corrompendo i cavalieri di Federico II, tanto che molti diventarono doppiogiochisti e rimasero in attesa del momento propizio, che arrivò quando Federico II decise di concedersi una giornata di svago. Prese il suo falcone e la sua guardia personale, poi se ne andò a caccia distante da quelle mura.
Le sentinelle parmigiane, invece, erano attente e ben nutrite
Appena videro l’Imperatore allontanarsi con il quadro ufficiali avvisarono le truppe, che ne approfittarono per una sortita in grande stile: nel senso che uscirono tutti i parmigiani. Uomini, donne, anziani e bambini armati di quel che avevano, saltarono addosso ai ghibellini impreparati, che all’improvviso si trovarono a combattere anche contro i loro stessi cavalieri.
Ben 2000 soldati vennero massacrati e l’accampamento dato alle fiamme. Federico II vide le colonne di fumo alzarsi dalla città e inizialmente pensò a un incendio; tornò indietro al galoppo e quando capì cos’era successo, inorridì. Poteva soltanto scappare, abbandonando per sempre i sogni di unità.
A Parma coniarono il detto Hostis turbetur quia Parmam Virgo tuetur (“Il nemico trema perché la Vergine protegge Parma”) che ancora oggi è presente sul loro stemma cittadino. È una delle tante battaglie della penisola generalmente note solo a chi nasce lì, ma grazie al sindaco ex M5S Federico Pizzarotti è balzata alle cronache nazionali quando Federico II di Svevia diventò…