Malasanità: le vittime possono chiedere un risarcimento. Come?
I casi di malasanità che sono resi note sui giornali oppure nei tg, non sono affatto esigui. Riguardano i fatti più diversi e a farne le spese sono i cittadini, che si affidano ad un sistema sanitario non sempre funzionante come dovrebbe. Ebbene, dal punto di vista legale, qualche rimedio c’è: per le vittime di malasanità è possibile infatti chiedere in tribunale il risarcimento danni per lesione o violazione del diritto alla salute ed alla sua tutela, come stabilito dall’art. 32 Costituzione.
Pertanto, ci si può difendere contro l’errore medico o la negligenza della struttura ospedaliera, ma badando bene a chiarire qual è la tipologia di danno patito (biologico, morale o esistenziale) e il nesso di causalità. Cerchiamo dunque di fare chiarezza in materia.
Malasanità e danni subiti: quali sono?
Prima di vedere come è possibile tutelarsi contro la malasanità che reca un pregiudizio alla propria salute, esponiamo quelli che sono i possibili danni in gioco:
- danni non patrimoniali: in queste circostanze, il pregiudizio patito dalla vittima riguarda una sfera che non è economicamente quantificabile. Ad esempio, un aggravamento delle condizioni sanitarie, il decesso di una persona cara, la comparsa di limiti alla vita di relazione ecc. In altra parole, il danno non patrimoniale si riferisce ai diritti della persona, vittima di malasanità, in quanto tale, distintamente dalle considerazioni di tipo economico o esistenziale;
- danni patrimoniali: si tratta della perdita economica in sè – danno emergente – ma anche del mancato guadagno – lucro cessante – prodotti appunto dalla malasanità, ossia da errori umani più o meno gravi, negligenze o carenze ingiustificabili delle strutture. Tipici i casi di diagnosi errate, infezioni contratte in ospedale o interventi chirurgici che non risolvono ed anzi portano a ulteriori lesioni. Pertanto si potrà parlare di risarcimento danni patrimoniali, laddove a causa della malasanità, la vittima non può svolgere temporaneamente o per sempre un certo lavoro, oppure deve fare ulteriori visite ed interventi per riparare alla lesione ulteriore. Si tratta chiaramente di denaro da spendere o non incassato, e che va risarcito dal responsabile del caso di malasanità.
E’ ovvio che quantificare il danno patrimoniale da malasanità non è operazione impossibile; il problema, piuttosto, è determinare il danno non patrimoniale citato. Ebbene, norme in materia e giurisprudenza hanno enucleato due concetti per facilitare una determinazione equilibrata del risarcimento danni non patrimoniali: si tratta del danno morale, ossia quello che attiene alla salute, e del danno biologico, ossia quello che comporta un cambiamento dinamico-relazionale nella vittima di malasanità. Ne abbiamo parlato diffusamente in un altro articolo.
Come capire se si tratta di errore del medico, infermiere o struttura?
La questione di fondo è capire se davvero si può parlare, per un certo caso concreto, di responsabilità di colui che lavora in campo sanitario oppure piuttosto se si tratta di una naturale evoluzione della malattia o di fattori comunque imponderabili come un caso fortuito, che hanno condotto ad un peggioramento delle condizioni di salute. Ma non per colpa del medico o del personale sanitario.
Insomma, si tratta di capire se è possibile, e come, collegare l’azione errata o l’omissione dell’operatore sanitario al danno subito dalla vittima: è infatti il cd. nesso di causalità che permette di attribuire la responsabilità per malasanità e che fa scattare il conseguente obbligo di risarcimento danni. La causa del danno alla salute deve comunque essere ricondotta inequivocabilmente al responsabile, per ottenere il risarcimento.
E bisogna aver ben chiaro che cosa si intende per malasanità: ebbene, con essa abbiamo un danno temporaneo o permanente che riguarda un paziente, vittima di un errore medico o una negligenza, che poteva essere evitata. Purtroppo assai diffuse le ipotesi come gli interventi chirurgici errati, le lesioni dovute a imperizia oppure le scorrette terapie a seguito di un’operazione. La casistica, come le notizie di cronaca ci dimostrano, è molto ampia.
Come tutelarsi contro sbagli e negligenze?
A questo punto, chi ritiene di aver subito un danno per malasanità, fa certamente bene a pensare quali rimedi utilizzare per cercare di ottenere un congruo risarcimento.
Anzitutto, la vittima dovrà rivolgersi ad un avvocato, esperto ovviamente in problematiche di questo tipo. Ma non solo: dovrà anche fare riferimento ad un medico legale, per esaminare tutte le questioni tecniche tipiche della professione medica e del suo contesto. Serviranno però, con tutta probabilità, anche gli apporti e le relazioni di periti, ossia specialisti del campo medico in cui si è verificato il danno.
In particolare, la perizia dell’esperto è determinante: infatti, se la relazione conferma ed acclara il pregiudizio temporaneo o permanente patito per malasanità, si apre la strada della denuncia in tribunale. In questa sede, l’assistenza dell’avvocato sarà essenziale: egli, sulla scorta delle risultanze di ambito medico, dovrà sostenere la tesi a favore dell’assistito-vittima, esponendo tutto quanto sia di rilievo ed in modo da capire se il reato è perseguibile d’ufficio.
Se il reato non è perseguibile d’ufficio, varrà comunque la possibilità di far querela da parte di colui che ha interesse alla punizione del responsabile del fatto di malasanità.
Concludendo, è chiaro che quanti più elementi a sostegno della propria tesi sono raccolti, tanto maggiori saranno le probabilità di riconoscimento del risarcimento danni per malasanità. I contributi di medico legale, perito ed avvocato sono pertanto essenziali in egual misura.
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