Che piaccia o no, il presidente del Parma è ancora lui. Giampietro Manenti, il misterioso imprenditore che ha rilevato il club emiliano da poco più di un mese, è un fiume in piena nell’intervista pubblicata quest’oggi da La Gazzetta dello Sport. In attesa della tanto attesa sentenza fissata per la prossima settimana che potrebbe dichiarare il fallimento del Parma, Manenti ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa e per attaccare duramente i poteri forti del calcio italiano.
Le banche contro Manenti
Il presidente del club emiliano, ridotto sul lastrico dopo la sciagurata gestione targata Tommaso Ghirardi e il brevissimo regno della Dastraso Holding, è sempre più fiducioso. “Il denaro, cari tifosi c’era e c’è ancora” annuncia Manenti, “ora pretendo delle garanzie perché non posso perdere anche i soldi che altre persone hanno investito su questo progetto”. A Parma però, nessuno crede più alle sue parole e la stragrande maggioranza dei tifosi vorrebbe che il club fosse ceduto a soggetti più credibili. “Io gli stipendi li ho pagati” tuona l’imprenditore lombardo, “non so proprio come non siano arrivati ai giocatori e perché le banche non mi abbiano contattato”.
“Pizzarotti e Tavecchio si comportano come se fossero loro i proprietari del club”
L’unica notizia positiva è che i ragazzi di Roberto Donadoni, dopo due turni di stop, hanno ripreso regolarmente a giocare, garantendo così la regolarità del campionato. “Abbiamo sistemato tutto al Tardini” tranquillizza Manenti, “e non capisco come mai non si siano disputate le partite contro l’Udinese e contro il Genoa perché era tutto ok”. L’intervento del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, e del presidente della Federcalcio, Carlo Tavecchio, non è per nulla piaciuto a Manenti che dalle pagine del quotidiano sportivo nazionale, li accusa di “comportarsi come Totò e Nino Taranto (in Totòtruffa 62, i due grandi attori trattano la vendita della Fontana di Trevi ad un turista,ndr)”.