Com’è messa la Serie A? Il confronto con gli altri campionati europei
Il Barcellona è campione d’Europa per la quinta volta nella sua storia. Il sogno juventino di conquistare la terza coppa dalle grandi orecchie si è spento sul prato di gioco dell’Olympiastadion di Berlino, bagnato dalle lacrime di Andrea Pirlo e dei suoi compagni di squadra.
Per il calcio italiano, tutto sommato, la stagione 2014/2015 è stata una boccata d’ossigeno dopo anni di vacche magre: la Juve è arrivata seconda in Champions, giocandosela quasi alla pari con i mostri di Luis Enrique, mentre Napoli e Fiorentina sono cadute in semifinale di Europa League, cedendo il passo a Dnipro e Siviglia.
Un risultato ragguardevole, che però non deve illudere: i limiti del nostro movimento calcistico sono noti e si trascinano da anni. E un confronto esaustivo tra la Serie A e le massime competizioni europee può risultare utile per comprendere il gap che intercorre tra queste realtà.
Il sito-infografica Greatest League in the World sponsorizzato da Bwin mette a confronto i cinque più importanti campionati d’Europa (Premier League, La Liga, Bundesliga, Serie A, Ligue 1) sulla base di 6 parametri, ovvero: intrattenimento, competitività, performance europee, tifosi e stadi, potere d’acquisto e valorizzazione dei vivai nazionali.
Intrattenimento
Nel primo caso è la Bundesliga a primeggiare, con una media di 2,77 gol a partita e col 51% di gare terminate con più di 2 gol e mezzo. Al secondo posto troviamo il campionato spagnolo (media di 2,61 reti per gara); terza la Serie A, con una media di 2,57 gol a partita, davanti a Premier League (2,55) e Ligue 1 (2,44).
Bundesliga, Premier League e Serie A sono i campionati in cui si tira di più in porta: 13 volte a partita. La Ligue 1 si conferma il campionato meno “spettacolare” d’Europa, con 11 tiri in porta per partita. E se Bundesliga e Ligue 1 sono regine dello 0-0 – risultato con cui termina il 10% delle gare in questi campionati – è la Serie A la competizione in cui si pareggia di più, con il 67% delle partite che terminano con un vincitore, a fronte del 77% de La Liga, campionato in cui si pareggia di meno in assoluto.
Competitività
Sul piano della competitività, la Bundesliga è il campionato che regala meno emozioni nella lotta per il titolo: tra la prima e la seconda in classifica intercorrono infatti ben 10 punti; medaglia d’argento per la Ligue 1 (9 punti), di bronzo per la Serie A (8 punti).
Nella Liga, tra la vincitrice e la quinta in classifica c’è un abisso: 28 punti, che in Italia diventano 24. Premier League in testa per la differenza punti tra primo e ultimo in classifica: 63 lunghezze, a fronte delle 62 nella Serie A e delle 61 nella Liga.
Nella massima serie spagnola occorrono 40 punti per salvarsi: 39 in Ligue 1, 36 in Serie A e Premier League, 33 in Bundesliga. Nell’ultimo decennio sono state 6 le squadre francesi ad aggiudicarsi il titolo, 4 le tedesche, 3 le italiane, le inglesi e le spagnole.
Dati europei
E ora, le dolenti note per i club nostrani: i risultati nelle coppe europee. Da quando è iniziato il XXI secolo, le squadre spagnole hanno alzato per 6 volte la Champions League (4 volte il Barça, 2 il Real). Tre i trionfi italiani (2 del Milan, uno dell’Inter) e inglesi (Liverpool, Manchester United e Chelsea), due quelli tedeschi (il Bayern Monaco nel 2001 e nel 2013).
La crisi dei club italiani si è palesata negli ultimi anni. A partire dalla stagione 2010/2011 solo il 59% delle squadre italiane arrivate in Champions si è qualificato agli ottavi di finale. Peggio di noi solo le francesi (53%): meglio di tutti i tedeschi, un tempo bistrattati, con l’83% delle squadre arrivate agli ottavi.
L’Europa League (ex Coppa Uefa) negli anni ’80 e ’90 era terreno di conquista per le compagini del Belpaese, mentre ora riserva solo cocenti delusioni. Per quanto riguarda il secolo in corso, le italiane non solo non hanno mai vinto questa competizione, ma non sono nemmeno riuscite ad arrivare in finale. Qui il ruolo dei primi della classe lo recitano ancora gli spagnoli, con 6 titoli in bacheca e ben 9 presenze in finale.
Pubblico e stadi
Altro capitolo interessante è quello degli stadi. Nonostante la capienza degli impianti della Serie A sia la seconda dei cinque campionati analizzati (media di 41.052 posti, dietro i 47.270 della Bundesliga), gli spettatori medi a partita in Italia sono 22.237: peggio di noi solo la Ligue 1 (che però ha stadi meno capienti) con 21.841 spettatori medi per gara. Con il 54% dei posti occupati – fanalino di coda – ecco spiegato l’effetto “spalti vuoti” che si verifica in quasi tutte le partite del nostro campionato. Impianti moderni e accoglienti fanno sì che Bundesliga e Premier League abbiano la media spettatori più alta della cinquina, con – rispettivamente – 43.043 e 35.975 unità.
Potere d’acquisto
Sapete qual è stato l’acquisto più costoso della storia del calcio tedesco? Javi Martinez, comprato dal Bayern Monaco nel 2012 per ben 40 milioni di euro. I tempi in cui il calcio italiano spendeva e spandeva per aggiudicarsi i più grandi fuoriclasse del mondo sono ormai passati. Risale al 2000, infatti, l’acquisto più oneroso della storia del calcio italiano: si tratta di Hernàn Crespo, che la Lazio acquistò dal Parma per 110 miliardi delle vecchie lire. I 63 milioni del Psg per Cavani, gli 80 del Manchester Utd per Di Maria, i 100 del Real per Bale – acquisto più costoso di sempre – sono storia recente.
La valorizzazione dei vivai
La scarsa valorizzazione dei vivai è un’altra grave lacuna del nostro calcio. Nella stagione 2014/2015, infatti, solo il 45% dei giocatori italiani figurava tra gli undici titolari delle squadre del nostro campionato, contro il 58% della Spagna, il Paese delle “cantere”. La maglia nera questa volta tocca alle inglesi, che tra i titolari in Premier League hanno schierato solo il 35% dei giocatori locali. Una statistica che si riflette nelle deludenti performance della nazionale dei tre leoni in tutte le competizioni internazionali disputate dal 1966 (anno dell’unico mondiale vinto) in poi.
Antonio Atte