Finali NBA. Gara 3. Doveva essere il riscatto di Golden State dopo il ko casalingo in overtime, e invece è stata quasi una Caporetto per gli uomini di Kerr, capaci di andare sotto anche di venti nel terzo quarto salvo poi svegliarsi tardivamente e non riuscire a completare la rimonta nel finale.
Warriors in crisi e con le spalle al muro
Parte forte Cleveland sostenuta dal suo pubblico, mentre anche stasera Curry parte con le marce bassissime e appena un canestro su azione nel primo tempo. La squadra della baia non riesce mai a trovare il suo ritmo, mentre dall’altra parte LeBron dirige un’orchestra che sa sempre essere nel posto giusto al momento giusto. Golden State prova a lavorare forte a rimbalzo, e riesce così a restare a contatto per tutto il primo tempo, ma una scelta scriteriata in chiusura di secondo quarto viene pagata con la tripla di James Jones per il +7 dei padroni di casa. Con gli Splash Brothers entrambi latitanti nonostante un paio di canestri di Thompson in avvio di ripresa, per Cleveland è un gioco da ragazzi volare fino al più venti nel terzo quarto. A quel punto si sveglia finalmente il 30 in maglia bianca, e gli Warriors iniziano una rimonta che li porta a giocarsi i minuti finali con un solo possesso di distanza. Complice a sorpresa il redivivo David Lee, 15 milioni di dollari di stipendio ma un ruolo fisso di sventolatore di asciugamani ritagliatogli dal coach dopo il suo infortunio e l’esplosione di Draymond Green. Il bianco ex Knicks gira la partita con punti e assist, costringendo Blatt a rivedere le sue scelte difensive. Come in gara due ai danni dei Cavs, gli arbitri commettono però un paio di errori piuttosto evidenti e gravi stavolta ai danni degli Warriors, che costano probabilmente la partita. Cleveland vince con pieno merito e si porta sul 2-1. Dopo il ko di gara uno noi non ci avremmo scommesso un centesimo.
Super Cavaliers
Risultato sorprendente sulla carta, ma Cleveland sta difendendo in maniera perfetta, proteggendo la propria area e sfidando quasi i tiratori avversari che al momento hanno pochissima fiducia. Dellavedova stanotte ha scritto 20 alla voce punti, compreso un colpo fortunato nel quarto periodo, ma è inutile negare che sia un fattore sui due lati del campo. Curry lo ha sofferto fino a 15′ dalla fine, poi il talento del numero 30 è venuto finalmente fuori, ma decisamente troppo tardi. Mozgov e Tristan Thompson sotto canestro si fanno valere completandosi egregiamente. Uno difende il ferro e segna con continuità. L’altro in attacco è una tarantola su ogni pallone, e ha già dato emicranie persistenti a Bogut e compagni. JR Smith è alterno, ma persino Mike Miller oggi esce dalla panchina ed è in grado di fare giocate di energia utili alla squadra. Tutto questo ovviamente però varrebbe zero se non ci fosse quello col 23. Le cifre sono impressionanti, ma quella pubblicata nella notte da Synergy Sports Tech su Twitter le racchiude tutte.
Il Re ha segnato, assistito o contribuito a 200 dei 291 punti della squadra. Sembra uno scherzo. Oggi è considerato già, a prescindere da quale squadra vincerà, l’mvp della finale. Difficile in effetti non essere d’accordo.
Che succede a Golden State?
Tutto il contrario di quel che accade a Golden State. Per tutta la stagione ha giocato il miglior basket, ma se uno li vedesse per la prima volta oggi troverebbe una squadra del tutto diversa. Senza il costante riferimento offensivo di Curry (in difficoltà anche in difesa), dei punti in transizione e con le percentuali che sono precipitate di conseguenza, tutta la squadra è andata in difficoltà. A metà terzo quarto di gara tre addirittura in panico. Coach Kerr ha avuto adeguamenti estremamente tardivi e non sempre efficaci. Ha spostato un Green al momento in enorme difficoltà nell’entrare in partita su LeBron con risultati terribili. Ha impiegato due gare e tre quarti per capire che senza un lungo con buona tecnica di base il pick and roll non era efficace. Raddoppiato il palleggiatore (di solito Steph) il lungo che riceveva non riusciva a finalizzare l’azione, incapace di sfruttare il minimo margine che la sua stella riusciva a procurargli. Messo dentro Lee quasi per disperazione ha iniziato la rimonta. Idem con la panchina. Spesso le seconde linee hanno dato più delle prime (Iguodala su tutti), ma sono state cavalcate sempre troppo poco rispetto a quanto Barnes, Green, Bogut e per lunghi tratti anche gli Splash Brothers hanno dato. In questo l’esperienza ventennale di Blatt in Europa sta avendo decisamente la meglio sullo scacchiere tattico della serie.
Gara quattro sarà decisiva per conoscere il destino di questi Warriors. Se hanno ancora qualcosa da dare è il mento di farlo vedere.