Plus/Minus NBA Finals: vince Golden State. MVP a sorpresa

NBA Finals ovvero: tutta la bellezza e l’ingiustizia di questo sport. Ingiusta perché uno come LeBron James, giocatore incredibile e per molti versi irripetibile, dopo aver giocato una serie fantastica al limite dell’umano non dovrebbe tornarmene a casa a mani vuote.

James solo contro tutti

E non semplicemente per i numeri mostruosi che ha messo insieme (due triple doppie, 36 punti 14 rimbalzi e 8assist di media), quanto piuttosto per aver reso difficilissima la vittoria ad una squadra che ha rullato tutti gli altri dall’inizio della stagione. Peccato davvero non aver potuto vedere Cleveland al suo meglio. Mai come oggi il Re avrebbe meritato la sua corona. Ingiusto, appunto, vederlo cedere con la cavalleria pesante azzoppata dalla sfortuna (Love e Irving molto più di Varejao, comunque sostituito in corsa da Mozgov) e costretto a cavalcare ronzini come Dellavedova, eroico ma pur sempre un onesto giocatore di B1 italiana è poco più, psicopatici seriali come JR Smith o semplici role player come Jones e Miller.

James troppo solo. Non è bastato il cuore di Dellavedova

Dopo 40 anni ancora Warriors

Vincono gli Warriors, e in questo invece c’è tanta giustizia e bellezza, perché sono una squadra che ha saputo imporre il proprio talento, il proprio credo e la propria difesa sempre. Curry ha dimostrato di essere un leader vero ma, forse ancora un gradino sotto James e altri grandissimi del gioco, perché oggi senza i suoi scudieri non avrebbe potuto farcela da solo, tanto che -seppure un po’ a sorpresa- non ha portato a casa la palma di MVP. Poco male perché in fondo di sport di squadra si tratta, e i compagni servono proprio a quello. Il premio è andato (e noi per quel che conta concordiamo) a Iguodala, che in tanti si sono dimenticati essere stato una superstar (magari tra le peggiori, ma pur sempre appartenente a tale categoria) che ha avuto l’umiltà di accettare di partire dalla panchina per un anno intero e per la prima volta in carriera. Decisivo in attacco anche in gara sei con 23 punti, stoico in difesa nel cercare con successo di arginare il ciclone James, chiave della serie col suo ingresso in quintetto da gara quattro.

Festa grande sulla baia

Dalla finale ne esce malissimo Klay Thompson, vera ombra di se stesso in questa serie. Succede al primo impatto con le finali (citofonare Harden se avete qualche dubbio), ma se salirà anche lui di livello in questo senso sarà dura togliere a Golden State lo scettro il prossimo anno. Già, il prossimo anno..
Qualche giocatore si muoverà, e forse diverse geografie cambieranno, ma i conti di sicuro andranno fatti ancora con quei due signori che a dieci secondi dalla fine si sono scambiati una stretta di mano che sa tanto di “arrivederci a presto”.
Ottobre in fondo è poi dietro l’angolo.

Sipario su un grandissimo duello