A volte il calcio è uno sport incredibilmente complesso, altre volte è decisamente più semplice. La crisi, feroce e durissima, che ha colpito il Chelsea in queste prime quattro giornate di Premier League affonda le sue radici nel passato recente, e ora sta esplodendo in tutta la sua forza. Quattro punti in quattro partite, con una sola vittoria e ben due sconfitte, entrambe pesantissime, la prima per 3-0 in casa del Manchester City e la seconda, forse più pesante, maturata ieri allo Stamford Bridge contro il Crystal Palace di Alan Pardew. Alla centesima in campionato in casa sulla panchina del Chelsea, Mourinho ha perso la sua seconda partita casalinga in carriera, palesando una lunga serie di problematiche. Vediamole.
IL MERCATO
La campagna acquisti estiva del Chelsea è stata, per usare un termine morbido, inusuale. È noto come Abramovich abbia deciso di spendere gran parte del budget disponibile per il rinnovamento dello stadio (si parla di circa 500 milioni di euro), relegando il mercato dei Blues ad una sorta di auto-sostentamento. È partito il secondo portiere, Cech, ed è arrivato il sostituto, Begovic; è partito il centravanti di riserva, Drogba, che ha lasciato spazio a Falcao; è stato ceduto un terzino sinistro, Felipe Luis, ed è arrivato Baba. Salta subito all’occhio la mancanza di acquisti titolari: se si esclude l’arrivo di Pedro, soffiato per poco più di 30 milioni allo United e gettato nella mischia sin da subito, i Blues non hanno operato alcun cambiamento nell’11 titolare. Difficile capirne le motivazioni, soprattutto dopo aver osservato attentamente la seconda parte di stagione del Chelsea nel campionato passato. Fino a gennaio-febbraio la squadra ha avuto un cammino pressoché perfetto, per poi cadere in un vortice di stanchezza e infortuni che ha rischiato di compromettere l’intera stagione. L’eliminazione negli Ottavi di Champions per mano del Psg ha permesso a Mourinho di concentrarsi solo sul campionato. Giocando una sola volta alla settimana, il portoghese è riuscito a centellinare le energie dei suoi, stremati dalla densità di una stagione logorante, arrivando a vincere il titolo. Ma gli indizi di una squadra alle corde erano ovunque: attenzione totale alla difesa del risultato (dal 31 gennaio al 3 maggio solo una volta ha vinto con più di un gol di scarto), grande difficoltà a segnare, giocatori stanchi e spesso in campo in condizioni fisiche non perfette. Le partite con il City del 31 gennaio (1-1) e contro l’Arsenal del 26 aprile (0-0) sono emblematiche: pareggi accolti come vittorie, per una squadra che stava ormai raschiando il fondo del barile. Mourinho si è spesso lamentato dell’immobilismo sul mercato della società, e non è casuale che in questi ultimi e frenetici giorni di calciomercato si stia cercando di riparare ai danni di due mesi di inattività, ma ormai i giochi sembrano fatti.
DIFESA
Quello che è sempre stato il reparto più affidabile delle squadre di Mourinho, quest’anno appare quello più in difficoltà. Dieci reti subite nelle prime cinque uscite ufficiali sono qualcosa di assolutamente inusuale, e un fortissimo campanello d’allarme. Il problema è innanzitutto numerico: il Chelsea ha solamente tre difensori centrali (Terry, Cahill, Zouma), con i primi due impiegati in quasi ogni singola partita nella stagione 2014-2015. La società ha provato disperatamente ad acquistare Stones dall’Everton, giovane centrale di prospettiva, ma Martinez ha rifiutato ogni offerta pervenuta alla società. Si è tentato di virare su Abdennour (finito al Valencia per 30 milioni) e Garay, che lo Zenit dichiara incedibile. Ciò che regna, insomma, è una totale confusione, accentuata dai frequenti errori dei singoli mostrati in queste prime uscite. Ivanovic sembra un lontano parente del granitico terzino tuttofare della scorsa stagione (grossolano il suo errore all’Etihad che ha portato al 2-0 del City due settimane fa, altrettanto in difficoltà ieri contro Sako), e lo stesso può valere per Azpilicueta, che ha regalato il gol del 2-1 al Crystal Palace con un erroneo posizionamento difensivo.
CENTROCAMPO
Se la difesa piange, il centrocampo non ride. Il Chelsea 2014-2015 sembrava una macchina perfetta sino a gennaio, quando il duo Matic–Fabregas riusciva a celare ogni difetto. Piovra rubapalloni il primo, splendido il secondo con il pallone tra i piedi, capace di fornire assist a ripetizione e di prendere per mano l’intero reparto. Da febbraio, complici alcuni infortuni, Fabregas ha iniziato a giocare a corrente alternata, fornendo prestazioni scialbe. Mourinho, dal canto suo, lo ha sempre fatto giocare in qualsiasi condizione. Troppo importante l’ex Barcellona, unico in grado di collegare i reparti e far ripartire l’azione. Fabregas è, in sostanza, il vero perno della squadra, e quando la sua forma fisica cala, nei Blues si spegne la luce. In queste prime quattro giornate il suo rendimento è stato a dir poco deludente: molti palloni persi, poca cattiveria, difficoltà a prendersi determinate responsabilità, come tirare da fuori o provare la giocata risolutiva. Il mancato acquisto di un vice-Fabregas (considerando la rosa mediana composta solo da interditori come Ramires e Obi Mikel), è forse il più grande errore commesso dal Chelsea in questa finestra di mercato.
ATTACCO
Lo scambio invernale Schurrle-Cuadrado si è rivelato, alla fine dei conti, disastroso. Pagato 30 milioni di euro, il colombiano è stato da poco ceduto in prestito alla Juventus e sostituito dall’ex Barcellona Pedro. Il vero problema offensivo della squadra è la mancanza di un fuoriclasse. Con l’esclusione di Hazard, anche lui sottotono in questa stagione, gli altri giocatori offensivi non hanno le qualità e la personalità necessarie per potersi definire ‘campioni’: Willian è un ottimo esterno, in alcuni casi può fare anche il 10, ma non è abbastanza concreto e freddo sottoporta; Oscar è l’unico vero trequartista della rosa, il giocatore su cui si basa l’intero 4231 impostato da Mourinho, ma è eccessivamente discontinuo, spesso si nasconde per intere frazioni di gioco e manca di carisma. Pedro è sicuramente un acquisto di spessore, ma non è quel “top-player” che può permettere a questa rosa di fare il salto di qualità. Continuare a riproporre un 4231 anche senza Oscar (infortunatosi nella gara d’esordio), sembra un azzardo, con né Hazard né Willian in grado di svolgere con attenzione gli stessi compiti di un 10 moderno, abile anche in fase difensiva e di contrasto.
La grande lacuna del Chelsea continua ad essere la sua vulnerabilità. Il primo Chelsea di Mourinho (specialmente quello del biennio 2004-2006) era una squadra che faceva giocare male l’avversario, si faceva attaccare e poi ripartiva con Duff-Robben in campo aperto. Virare dal 433 classico al 4231 comporta anche la necessità di avere maggiormente il pallone tra i piedi. La scelta di un regista puro come Fabregas va vista in questa direzione. Il problema subentra quando la forma fisica non permette ai due soli di centrocampo di reggere l’intero reparto, e ciò determina due macro-conseguenze. In fase di possesso costringe il 10 a scendere oltre la metà campo per impostare, eliminando un giocatore offensivo; in fase difensiva squilibra totalmente la squadra, particolarmente durante una transizione negativa. Con un Fabregas falloso e in difficoltà, ogni errore dello spagnolo comporta un contropiede avversario, spesso letale. Le ragioni della crisi dei Blues sembrano, dunque, molteplici, e difficilmente risolvibili in breve tempo. Mourinho ha la pausa delle nazionali a disposizione per riflettere, ma sa bene che 8 punti dallo scatenato City sono quasi impossibili da riprendere. Forse, è arrivata l’ora di cambiare qualcosa.