Euro 2016: quel miracolo dell’Islanda targato Lagerback

E’ bastato uno 0-0 contro il modesto Kazakistan per coronare il sogno di un’intera nazione: l’Islanda per la prima volta nella sua storia stacca – addirittura in anticipo – il biglietto per gli Europei di calcio. Al fischio finale il Laugardalsvöllur di Reykjavik gremito per l’occasione è esploso e per le strade della capitale è iniziata la festa che non ha risparmiato nessuno. “Ora mi pento di non aver pensato prima a dichiarare festa nazionale(..)alla squadra, dopo la partita, ho detto che ristoranti e locali sarebbero stati aperti per loro tutta la notte. Anche senza provvedimento non credo che nessuno li manderà a letto” ha scritto su Facebook primo ministro islandese Sigmundur David Gunnlaugsson.

Un vero e proprio “miracolo sportivo“, impensabile fino a qualche tempo per una nazione che conta solo 330.000 abitanti e le cui condizioni – soprattutto climatiche – sono tutt’altro che favorevoli al calcio.

Un miracolo targato innanzitutto Lars Lagerback, carismatico tecnico dal palmares non ricchissimo ma che allena dal lontanissimo 1977 e che deve le sue fortune soprattutto alla Svezia guidata dal 2000 al 2009 e condotta a due Europei e due Mondiali, anche da protagonista. Si affida ad un 4-4-2 organizzato fondato su un gruppo rodato con una difesa particolarmente solida: solo tre gol subiti in queste qualificazioni. Accanto a lui poi una Federazione che negli ultimi anni ha investito tanto nel calcio lavorando con saggezza soprattutto sui giovani e sulle strutture. Nel 2002 sull’isola c’era un solo campo coperto, oggi il numero è salito a 11. I ragazzi quindi in Islanda possono – finalmente – esprimere il loro talento; al momento giusto poi “vengono spediti” nei più importanti campionati del vecchio continente a farsi le ossa.

A guidare un gruppo – cresciuto giorno dopo giorno –  il “vecchio” Eidur Gudjonshen, 36 anni, oltre 80 presenze con la maglia della Nazionale e un esordio passato alla storia del calcio: il 24 aprile 1996 sostituì il padre Arnór nel secondo tempo di un’amichevole tra Islanda ed Estonia.

Accanto a lui la stella: Sigthórsson, attaccante del Nantes ma  cresciuto nell’Ajax e ricoperto di fischi nella partita contro l’Olanda all’Amsterdam Arena e gli “italiani” Bjarnason e Hallfredsson. Veri e propri ambasciatori in patria che hanno permesso all’intero movimento di crescere e di fare un passo decisivo verso il calcio che conta. Un passo verso la storia di questo sport.