Con l’avvicinarsi del derby una delle figure che non può – anche solo per qualche momento – non ritornare in mente è quella di Giuseppe Prisco. Meglio noto come Peppino è stato un avvocato e dirigente sportivo italiano, vicepresidente dell’Inter per quasi quarant’anni, dal 1963 al 2001. La sua figura e il suo ricordo sono indissolubilmente legati ai neroazzurri e alla sua straordinaria e sottile – ma nemmeno tanto – ironia che lo hanno portato a diventare non solo un simbolo della Milano interista, ma un’icona per tutti gli appassionati di questo sport. L’Inter la sua unica grande passione, il derby con il Milan la sua costante fonte d’ispirazione. Domenica per lui non sarebbe stato un giorno come un altro.
“A Milano ci sono due squadre, L’Inter e la primavera dell’Inter” o ancora ” Se stringo la mano a un milanista mi lavo le mani, se stringo la mano a uno juventino mi conto le dita”. Chi non ha mai sentito – nemmeno per caso – una di queste due storiche frasi? Occhio alla risposta, perché – se negativa – rischiate di finire automaticamente fuori dalla categoria “appassionati di calcio”.
Molto meno noto invece è quello che accadde subito dopo un derby di quasi vent’anni fa. Era il 14 marzo 1999, Inter-Milan era finita 2-2 e avevano segnato Leonardo – doppietta – da un lato e Zanetti dall’altro (più un auotogol di N’Gotty che aveva aperto le danze). Una partita divertente ma che non sarebbe passata certo alla storia se – dopo il fischio finale – Peppino Prisco non fosse stato beccato ad uscire dallo spogliatoio del Milan. Un vero e proprio sacrilegio anche solo immaginare l’avvocato nella tana del Diavolo. Cosa lo avesse portato li? Un mistero.
Mistero svelato qualche mese più tardi da Silvio Berlusconi che rivelò “ho trascinato per la prima volta Prisco dopo il derby nello spogliatoio del Milan ed è stato gentilissimo“, dopo un po’ però mi ha detto ” devo scappare, devo andare a confessarmi“. Prisco era questo ed è per questo motivo che era amato – immensamente – da tutti.