Fare il portiere non è mai una scelta semplice: la smania di mettere la palla in rete è troppo forte e la propria area di rigore è fin troppo lontana da quella avversaria.
E poi ci sono le papere, gli sfottò e i tuffi che fanno male solo a pensarci.
Chi sceglie di mettere i guanti – e di non toglierli più – ha seguito una tra le due strade principali che la vita gli ha posto. Se escludiamo chi ha un’innata e inspiegabile passione, infatti, la storia ci insegna che il giocatore nei pali è lì per un motivo semplice: o è il più scarso della comitiva o ha un esempio, molto vicino, che non può far altro che emulare.
Quando vedi tuo papà volare, a meno che non sia un Higuita – e qui l’emulazione diventa pericolosa – non si può non ammirare. Non si può non sognare di essere al suo posto almeno una volta, quando con la manona blocca il rigore decisivo e viene alzato al cielo trionfante.
Se guardiamo alla nostra Serie A, i figli di papà non mancano: Wojciech Szczesny, Pepe Reina e Stefano Sorrentino sono i portabandiera.
Se per il portiere del Palermo, però, papà ha rappresentato solo un esempio da seguire, gli altri due si son visti spianare la strada nelle giovanili delle squadre dei genitori: Szczesny ha iniziato nel Legia con cui il padre conta 140 presenze, mentre Reina si è goduto le giovanili del Barcellona, dove Miguel ha portato a 111 il conteggio delle partite giocate.
Forse un caso: nessun figlioccio ha militato, fuori dalle giovanili, in una squadra in cui il padre aveva già impresso gli scarpini.
Cattivoni noi, però, che i paragoni li facciamo lo stesso!
In Nazionale, ad esempio, vincono i babies: Pepe batte Miguel 33 presenze a 5 con la maglia della Spagna, Wojciech vince 23 a 7, mentre il povero Stefano pareggia 0 a 0, ma porta a casa un punticino importante.
In quanto a trofei, lo stesso Sorrentino batte di poco il paparino: un campionato di Serie B, contro una vittoria in
Serie C di papà Roberto, basta e avanza.
Pepe Reina, invece, surclassa il genitore grazie ad un palmarès da paura: due europei e un mondiale, una vittoria in campionato (col Bayern) e ben sette coppe (con Villarreal, Liverpool e Napoli), contro “solo” sei trofei.
Va in punizione, invece, il neo-giallorosso Szczesny: solo tre trofei in carriera, con l’Arsenal, contro lo strapotere in patria del padre, che ha messo in bacheca la bellezza di sei campionati e undici coppe, vestendo le maglie di Legia Varsavia, Widzew Lodz, Polonia Varsavia e Wisla Cracovia.
Tanto di cappello per Reina, un inchino a Sorrentino ed un augurio a Szczesny, che può ancora raggiungere il suo vecchio.
In una Serie A in cui i grandi di oggi non sarebbero tali, se non avessero dietro i grandi uomini di ieri.
Luigi Forte